Anche poco. Persino pochissimo. Ma tutto!

XXX Domenica del tempo Ordinario - Anno B - 2015

Come riuscire a spiegare bene in che cosa consiste l'atteggiamento della fede in Dio? Solo narrando le storie di vita di persone che si sono affidate completamente, come le due vedove che la liturgia ci presenta.

Per definire cosa è la fede si possono fare discorsi lunghissimi e complicati. E si fanno. Si possono anche scrivere e leggere libri ponderosi e dotti. Infatti, vengono scritti e vengono anche letti. E va bene. Forse, però, bisognerebbe imitare di più il linguaggio delle Bibbia, e in modo particolare quello del vangelo, che riesce a comunicare i messaggi più alti e complessi non con concetti e argomentazioni, ma con personaggi e storie di vita, di fronte ai quali non c'è da capire, ma soltanto da meditare. Come con le due vedove di questa domenica.

Quella di Sarepta, sollecitata dal profeta Elia a un gesto di totale generosità, non si tira in dietro. Si fida delle parole dello straniero: "La farina della giara non si esaurirà e l'orcio dell'olio non diminuirà fino al giorno in cui il Signore manderà la pioggia sulla faccia della terra".

La fede in Dio è fidarsi

Quella del vangelo agisce di sua iniziativa. Qui "il profeta" non provoca. Osserva. Osserviamola con lui.
Nell'atrio del tempio, dove possono entrare anche le donne, c'è la stanza del tesoro: tredici cassette per le offerte. Davanti a esse un sacerdote riceve gli oboli, e prima di gettarli dentro, proclama a voce alta l'entità della somma. Gesù osserva sconsolato i ricchi gonfiare il petto quando sentono gridare la quantità delle loro monete.

Ma ecco che arriva una vedova. Non passa attraverso il sacerdote. Le riderebbe in faccia, o addirittura la umilierebbe. Va diritta verso una cassetta e vi getta "due monetine, che fanno un soldo". Gesù commenta: "Questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri", perché "vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere". La fede in Dio è affidarsi.

Le due donne - che non hanno un nome, perciò più facile per ciascuno di noi identificarsi in esse - hanno il coraggio di fidarsi e affidarsi a Dio. Questa è la fede.

Lo sappiamo che è così

Chissà quante volte ce lo siamo sentito dire, e chissà quante volte ce lo siamo ripetuto. Però, scendendo nella pratica, come si fa a identificarsi nelle due vedove? Cosa significa per noi donare l'ultima focaccia e consegnare l'ultimo spicciolo?

Domenica scorsa, festa di Tutti i Santi, abbiamo sentito proclamare di nuovo le Beatitudini: la via della santità. Esse sono indicazioni che vanno in senso esattamente contrario a ciò che vediamo accadere intorno a noi, nonché al nostro istinto. Ce l'abbiamo il coraggio di fidarci che, nonostante vediamo e sperimentiamo "vincenti" gli egoisti, i buontemponi, gli arroganti, i duri, gli ingiusti, i falsi, i guerrafondai, quella delle Beatitudini è la strada per una vita buona e per la vita per sempre? Sappiamo fidarci e affidarci, nonostante le persecuzioni, le menzogne, le cattiverie?

Per essere come le due vedove dobbiamo avere questo coraggio. Se lo abbiamo, anche se non ci riusciamo sempre, e mai al cento per cento, senza, però, rinunciare mai, siamo sulla buona strada. Se invece l'ultima focaccia e l'ultimo spicciolo ce lo teniamo per noi, perché cediamo al dubbio che, nonostante la parola del profeta, la farina nella giara e l'olio possano finire, e che possiamo rimanere anche senza l'ultimo spicciolo, allora non abbiamo niente da spartire con le due vedove, perché i nostri riferimenti sono altri.

Anche se ci brucia ammetterlo, siamo come quelli "che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere". La nostra fede è come la loro: un insieme di esteriorità, indossate per fare bella figura, magari non davanti agli altri – che oggi ci vuole altro -, ma per illuderci che, camminando un po' di qua e un po' di là, qualche merito davanti a Dio possiamo assicurarcelo.


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