Babele e Gerusalemme, cantieri aperti

Domenica di Pentecoste - Solennità - Anno C - 2022

Allargare lo spazio allo Spirito che unisce.

Basta dire: “Pentecoste” perché subito prendano forma nella nostra immaginazione il «fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso» dentro la casa dove gli apostoli stavano tutti insieme; «le lingue come di fuoco» che si posano sopra ognuno di loro; le lingue diverse che essi cominciano a «parlare, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi», e la meraviglia delle persone che, di Paesi e linguaggi diversi, odono tutte parlare nella loro lingua natia.
Questa immagine dagli Atti degli Apostoli, ne richiama immancabilmente un’altra altrettanto memorabile dal libro della Genesi con la quale la liturgia apre la celebrazione della vigilia della festa: «una città e una torre, la cui cima tocchi il cielo» che gli uomini hanno deciso di costruire come segnale per non disperdersi e che invece diventa il luogo dove le lingue si confondono e nessuno comprende più la lingua dell’altro.

Il messaggio della parola di Dio che emerge da queste due immagini è evidente: la Gerusalemme di Pentecoste è l’esatto contrario della torre di Babele; è la comunione contro la dispersione; è il dialogo contro l’incomunicabilità; è la pace contro la guerra.

Le due città

Queste due immagini sono straordinarie per la loro capacità di imprimersi nella memoria, ma soprattutto perché rappresentano quello che l’umanità sperimenta da sempre: il contrasto tra l’esperienza di un mondo “concreto e reale”, dove non ci si capisce, ci si contrasta, ci si combatte; e un altro “ideale e desiderato” dove si dialoga, ci si capisce, si collabora: Gerusalemme versus Babele, nella storia dell’umanità, in ogni situazione, in ogni persona. Sempre! Già quella mattina quando il capirsi tutti nella propria lingua natia si realizzava davanti agli occhi, Pietro dovette precisare: «Questi uomini non sono ubriachi, come voi supponete: sono infatti le nove del mattino», essi sono realizzazione del progetto di Dio, cioè un mondo che non tenti di scacciarlo, ma che possa essere sua dimora.

No al pareggio

La tentazione insidiosa alla quale è molto facile cedere è rassegnarsi alla situazione e al pareggio: “Babele” è brutta, ma è la realtà; “Gerusalemme” è bella, ma è un sogno. Per la parola di Dio non può essere così. La “costruzione della torre che sfida Dio” e il “capirsi tutti di Gerusalemme” non sono fatti accaduti una volta e congelati nel tempo, ma eventi sempre vivi e in costruzione. Lo Spirito Santo non è stato donato una volta per tutte nel fragore, quasi un vento, che si abbatte impetuoso quella mattina. Viene elargito sempre a chi accetta la condizione di Gesù: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre. Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui».

Cantieri aperti

Il racconto della Genesi e quello degli Atti degli apostoli non informano su fatti accaduti, ma rivelano ciò che accade sempre. Babele e Gerusalemme sono cantieri aperti che assumono o per contribuire a far diminuire Babele a favore di Gerusalemme, o per il contrario. San Paolo incoraggia la scelta per Gerusalemme: «Non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi», perciò nessuno può dire di non poter lasciare Babele. I sacramenti, la preghiera, la carità ricaricano ogni volta le lingue come di fuoco che permettono di non arrendersi alla confusione, alla incomprensione, alle divisioni per farsi capire da tutti nella propria lingua. Continua l’apostolo: «Avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: “Abbà! Padre!”». Nessuno può dire di non poter dare del suo affinché qualche voce in più gridi: “Padre”, accettando di essere fratello e sorella.
Non c’è giorno, non c’è luogo, non c’è situazione in cui non si sia chiamati a decidere se raccogliere mattoni per l’incomprensione e la divisione, oppure per allargare lo spazio allo Spirito che unisce.


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