C'è uno più forte di me

II Domenica di Avvento - Anno A - 2016

Nella seconda tappa del cammino dell'Avvento, la parola di Dio ci parla attraverso la figura di Giovanni il Battista. Egli si presenta rude e forte, con un vestito di peli di cammello, una cintura di pelle attorno ai fianchi e si nutre di cavallette e miele selvatico.

Giovanni invita tutti alla conversione, a togliere gli ostacoli all'incontro con il Signore; e minaccia con decisione i farisei, qualora siano andati da lui per curiosità, convinti di non avere bisogno di convertirsi perché "figli di Abramo". Prendiamo sul serio il suo invito alla conversione e anche l'ammonimento rivolto ai farisei, perché, se pensassimo che di Avvento ne abbiamo fatti a decine, perciò quello di quest'anno possiamo farcelo scivolare sopra la testa, saremmo esattamente come loro.

Si dice: "Ma da cosa ci dobbiamo convertire? Dobbiamo proprio stare sempre a batterci il petto? Quale strada dobbiamo preparare al Signore? Quali sentieri gli dobbiamo raddrizzare? Dobbiamo pregare di più? Dobbiamo fare più carità? Dobbiamo...". La conversione che ci viene richiesta, non soltanto ogni Avvento, ma ogni giorno, non è aggiungere cose a quelle che già facciamo, ma lavorare affinché tutto quanto facciamo ci apra a lui e parli di lui.

E' in questo che il Battista non è soltanto l'ultimo profeta del Vecchio Testamento, ma un maestro di vita anche per noi che abbiamo conosciuto e accolto Gesù. Egli, il precursore, lo annunciava a chi lo aspettava. Noi condividiamo in qualche modo il suo compito perché siamo chiamati ad annunciarlo a chi ancora lo aspetta perché ancora non lo ha conosciuto, a chi lo ha conosciuto male e perciò lo ha abbandonato. Siamo chiamati a realizzare questo compito non ritirandoci nel deserto, vestiti alla primitiva e cibandoci di cavallette (che tra l'altro pare stiano arrivando nei ristoranti più in), ma là dove viviamo, a cominciare dalla famiglia, e non solo e non prevalentemente a parole, ma con la testimonianza della vita. Cioè non facendo cose particolari, ma facendo le cose in modo particolare. Il modo particolare ce lo insegna e ce lo ricorda Giovanni che non annuncia se stesso, non parla di se stesso, ma di uno più forte di lui: "colui che viene dopo di me è più forte di me e io non sono degno di portargli i sandali".

La conversione che dobbiamo continuare a compiere è questa: testimoniare che tutto ciò che facciamo non lo facciamo per noi stessi, ma per uno che è più forte di noi: Gesù. Si comprende così che la conversione dell'Avvento non è fare qualche preghiera in più o qualche rito in più. Questi sono importanti soltanto se ci ricordano che noi non annunciamo e non cerchiamo di affermare noi stessi, ma uno più forte di noi. Questa è una testimonianza dirompente come l'irruzione del Battista sulle rive del Giordano, perché se il lupo non dimora ancora insieme con l'agnello, se il lattante non si trastulla sulla buca della vipera, nonostante il germoglio dal tronco di Jesse sia spuntato, è perché, a cominciare da noi, non si riconosce che il più grande non siamo noi, ma solo Gesù.

"Accoglietevi perciò gli uni gli altri come anche Cristo accolse voi, per la gloria di Dio", esorta san Paolo. Leggiamo questo invito osservando ciò che succede nel mondo. Anzi, per non disperdere lo sguardo, fermiamoci a osservare cosa è accaduto durante la campagna elettorale per il referendum. Come si fa ad accogliersi gli uni gli altri se tutti vogliono essere i più forti?


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