Chi è Gesù e chi è il cristiano

III Domenica del Tempo Ordinario - Anno C - 2019

Per essere cristiani non basta essercisi trovati dentro...

L'evangelista Luca inizia il suo vangelo assicurando di avere compiuto «ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli inizi, e di scriverne un resoconto ordinato», in modo da essere certi che la nostra fede in Gesù non è basata su teorie filosofiche, su fantasie, su misticismi, ma su fatti reali e documentabili, perché «trasmessi da coloro che ne furono testimoni oculari fin da principio». La preoccupazione dell'evangelista è fondamentale per la nostra fede, perché Gesù non è come i personaggi dei romanzi, o addirittura delle favole, costruiti a tavolino per mettere insieme idee filosofiche, insegnamenti morali, o ipotesi su ciò che può accadere dopo la morte. Gesù è un personaggio storico nel senso più autentico e concreto: è vissuto tra noi in luoghi, date, avvenimenti verificati da testimoni oculari. Non è né facile né scontato ammetterlo. Infatti già dai primi anni dopo la sua esistenza, poi lungo il corso dei secoli, e ancora oggi sono tanti quelli che tentano di farlo essere un personaggio costruito ad arte, un "mito", come i personaggi della mitologia greca e romana. Una volta erano "gli studiosi" che sostenevano queste teorie. Oggi, attraverso i canali televisivi, questa convinzione, magari sotto le risposte catechistiche: "è il figlio di Dio" "è il salvatore", può diventare subdolamente nostra. Dobbiamo vigilare, perché dopo la domanda: "Chi è Gesù?", segue subito l'altra: "Chi è il cristiano?". A questa seconda domanda non si può rispondere che il cristiano è chi riconosce genericamente la bontà delle nostre tradizioni e della nostra cultura. Essere cristiani significa cercare di vivere come lui è vissuto, rivelando nella concretezza la novità della vita che vivere come lui comporta. È ripetere nel nostro piccolo ciò che Gesù ha fatto a Nazaret.

Nazaret è dove Gesù era cresciuto. Dove lo avevano visto trascorrere i giorni in famiglia, nella bottega, nella sinagoga come tutti gli altri. È lì che Gesù, consapevole di quanto sarebbe stato difficile, non fa una conferenza, non fa una predica, ma mostra come concretamente la sua vita è stata trasformata dall'adesione alla missione che il Padre gli ha affidato. La scena è descritta in modo straordinario. Letto il brano di Isaia: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione, e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi e proclamare l'anno di grazia del Signore», si siede e "gli occhi di tutti" sono "fissi su di lui". Alla sua dichiarazione: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato», dopo la meraviglia arriva lo sdegno. Non è più "il figlio di Giuseppe?". Non è più come loro? Allora: «Si levarono e lo cacciarono fuori dalla città».

Vogliamo verificare se la nostra fede in Gesù è vera e concreta? Facciamolo partendo da Nazaret, cioè da quelli che ci conoscono da sempre, da quelli che ci vivono accanto. Ci riconoscono come tranquilli e normali "figli di Giuseppe", oppure si meravigliano e magari si sdegnano perché la fede ha reso "diversa" la nostra vita?

"Belle parole! Ma noi come facciamo ad annunziare ai poveri il lieto messaggio, a proclamare ai prigionieri la liberazione, a dare la vista ai ciechi, a rimettere in libertà gli oppressi, a predicare un anno di grazie del Signore"? Non lasciamoci impressionare dalle parole! Guardiamo come Gesù le ha tradotte nel suo quotidiano: una presenza costante e amorosa accanto a tutti coloro che avevano bisogno di un po' di speranza, di amicizia, di coraggio, di considerazione, di gioia in più. Tutte cose alla nostra portata. Non ci viene chiesto di compiere "i miracoli", ma di compiere il miracolo di una vita che cerca il bene, il bello, il giusto per sé e per gli altri.

La prima lettura della liturgia di oggi ci racconta che, dopo aver ascoltato "le parole della legge", Neemìa dice al popolo: «Andate, mangiate carni grasse e bevete vini dolci e mandate porzioni a quelli che nulla hanno di preparato, perché questo giorno è consacrato al Signore nostro; non vi rattristate, perché la gioia del Signore è la vostra forza». Come dire: Gesù che avete conosciuto non lasciatelo qui in chiesa, o nella vostra testa. Portatelo a casa e trasformatelo in cibo e bevanda che vi aiuta a vivere con gioia, e a farlo vivere nella storia "ognuno secondo la propria parte", secondo i suoi doni, secondo le sue qualità.


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