Chiamati a cambiare l'acqua in vino

II domenica del Tempo Ordinario - Anno C - 2022

La fede serve per vivere al meglio non per campare.

L’evangelista Giovanni conclude il racconto, dicendo: «Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui». “Questo”, cioè l’acqua diventata vino. “L’inizio dei segni”, cioè il primo di avvenimenti visibili e tangibili (comunemente chiamati miracoli) che rimandano a una realtà più grande, che non si può né vedere, né toccare. Questo “miracolo” è talmente conosciuto da rischiare di diventare scontato. Non deve essere così. Ce lo siamo detti infinite volte: il Vangelo (tutta la Bibbia!) non è un libro da imparare, ma una parola di Dio da ascoltare "oggi" Ascoltiamolo, sottolineando i dati salienti.

Il primo dei segni

Con questo intervento in una festa di nozze Gesù apre la sua missione: andare per città e villaggi, «predicando e annunciando la buona notizia del regno di Dio». Ci si sarebbe aspettati un “lancio” più solenne, magari una grande adunata davanti al tempio di Gerusalemme, o almeno davanti a una sinagoga, con un “evento” clamoroso: un’apparizione di spiriti celesti, un roteare del sole … Niente di tutto questo. Soltanto un rifornimento di vino conosciuto soltanto dai «servitori che avevano preso l’acqua», e presumibilmente da sua madre.

L'acqua diventata vino

Singolare è anche lo scopo del miracolo: rifornire di vino la festa. Per dare il via alla sua "ora", Gesù non fornisce ai commensali pane e companatico, il necessario per un pranzo decoroso, ma il vino, un extra, che a noi sembrerebbe quasi provvidenziale fosse mancato a quegli ospiti che probabilmente avevano già “bevuto molto”. In effetti, quello di Cana sembrerebbe un miracolo un po’ esagerato o addirittura sprecato, se non fosse stato un segno, cioè, come detto sopra, l’invito a indicare una realtà non materiale: la gioia. Il vino, infatti, nella Bibbia è il simbolo della gioia intelligente e saggia: «Che vita è quella dove manca il vino? Fin dall’inizio è stato creato per la gioia degli uomini» (Sir 31,27); ma: «Il vino è beffardo, il liquore è tumultuoso: chiunque si perde dietro ad esso non è saggio» (Pro 20,1). Adesso diventa evidente la straordinaria importanza del “segno” con cui Gesù dà inizio alla sua “ora”. Con esso rivela che la sua missione è dare compimento alla profezia di Isaia: «Nessuno ti chiamerà più Abbandonata, né la tua terra sarà più detta Devastata, ma sarai chiamata Mia Gioia e la tua terra Sposata, perché il Signore troverà in te la sua delizia e la tua terra avrà uno sposo». Egli è venuto per manifestare che Dio ci guarda con amore, «come gioisce lo sposo per la sposa», e desidera la nostra gioia. Non è entrato nella nostra storia per portare il necessario per vivere - questo si può avere anche senza di lui - ma la qualità del vivere. La fede in Gesù non serve per campare, ma per vivere al meglio. Il primo miracolo di Gesù ci stimola a cambiare la nostra fede, sia a livello personale che comunitario, dal momento che non sempre è vissuta come un incontro d’amore, e la comunità cristiana non sempre è l’immagine di un festoso pranzo di nozze.

Trasformare l'acqua in vino

Come Chiesa e come singoli credenti siamo chiamati a continuare l’“ora” di Gesù con le sue caratteristiche e le sue modalità, rivelando che Dio ci vuole bene, che desidera la nostra gioia, e che siamo inviati a portarla. Questo non significa andare in giro con il sorriso stampato sulla faccia (tanto più inutile adesso con le mascherine!) o affermare retoricamente che la fede aiuta a superare le tristezze e le difficoltà, ma trafficare con generosità i propri “carismi”, i propri doni, «distribuiti dallo Spirito a ciascuno come vuole», sia per contribuire a rendere la Chiesa più “sinodale” (come esorta san Paolo), sia a offrire il proprio contributo per una società più equa, solidale, capace di accogliere le diversità per farle diventare una ricchezza.

La mediatrice

Non si può riflettere su questo brano senza un pensiero a Maria. Il suo intervento non richiesto ha sicuramente ispirato Dante, quando scriveva: «La tua benignità non pur soccorre / a chi domanda, ma molte fïate / liberamente al dimandar precorre» (Paradiso, Canto 33).


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