Chiesa in uscita, cristiani in uscita

XV Domenica Tempo Ordinario - Anno B - 2015

In questa XV Domenica del Tempo ordinario è forte l'invito che scaturisce dalla Parola: la necessità di "uscire" da convinzioni sedimentate e nefaste, divenendo sempre più adulti nella fede, più consapevoli e responsabili, essere testimoni, con occhi e cuore aperti alle nuove necessità della nostra umanità.

Quando papa Francesco cominciò a parlare di una Chiesa "in uscita", suscitò meraviglia ed entusiasmo non solo tra i giornalisti che, – fatte poche eccezioni - prendono per straordinario tutto ciò che esula dalle loro conoscenze, ma anche tra i credenti, perfino tra i preti, tra i quali la conoscenza del Vangelo dovrebbe essere pane quotidiano.

La Chiesa "in uscita". Sentiamo Gesù: "Chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri. E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient'altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due tuniche".
Più Chiesa in uscita di così! Come mai allora questa meraviglia, anche tra i credenti, per gli interventi del papa? Meraviglia e non solo, perché tra non pochi credenti e perfino nel clero non mancano segnali di preoccupazione, come se questa esortazione a "uscire" possa creare rischi e confusioni.

La risposta è semplice: questa Chiesa in cammino con "nient'altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due tuniche" si era fermata, prendendo più o meno pesantemente le caratteristiche del tempio di Amasia, bloccato sulla propria autosufficienza, sui propri riti e chiusa a tutti gli Amos che cercavano di scuoterla dalle proprie sicurezze. Non è piacevole riconoscerlo, ma da Chiesa che esce a predicare, ci eravamo trasformati a Chiesa che chiama ad ascoltare le prediche.

E' urgente cambiare per rimettersi su strada. Papa Francesco, nella sua tappa in Ecuador, ha detto: "Noi cristiani paragoniamo Gesù Cristo con il sole, e la luna con la Chiesa; e la luna non ha luce propria, e se la luna si nasconde dal sole diventa scura. Il sole è Gesù Cristo, e se la Chiesa si separa o si nasconde da Gesù Cristo diventa oscura e non dà testimonianza". A me sembra una traduzione efficace del brano di san Paolo agli Efesini che la liturgia ci fa proclamare. Dobbiamo tornare a riprendere la luce dal sole, dobbiamo tornare a Gesù che continua a chiamare per mandare, al fine di "ricondurre a lui tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra".

E' urgente cambiare. Ce lo chiede il nostro oggi. Siamo riusciti a far identificare la Chiesa come il tempio di Amasia, capace di dire soltanto no a tutte le novità, impegnata a difendersi da tutti gli Amos che pretendono di profetizzare senza avere tutte le necessarie autorizzazioni. Ci siamo lasciati identificare come una struttura, arroccata sui bastioni, che si difende dagli errori che sbucano da tutte le parti, non una comunità coraggiosa che annuncia a tutti con libertà, lasciando a chi ascolta la responsabilità di accettare o meno: "Dovunque entriate in una casa, rimanetevi finché non sarete partiti di lì. Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro".

Chi deve cambiare? E' necessario uscire, anche a questo proposito, da convinzioni sedimentate e nefaste, secondo le quali per il clero devono cambiare i laici, diventando più adulti nella fede, più consapevoli, più responsabili; per i laici deve cambiare il clero, uscendo dalle sacrestie nelle quali si è lasciato imprigionare, per immergersi nei problemi veri della gente, non con carichi pesanti e divieti scoraggianti, ma proposte di vita e testimonianze che aprono il cuore e sollevano le ginocchia stanche.

"Gesù chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due". Queste parole potrebbero servirci per qualche battuta spiritosa sui carabinieri. Devono invece stimolarci a capire che clero e laici devono camminare insieme per riportare la Chiesa da Amasia a Gesù.


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