In questa Domenica delle Palme, la proclamazione della Passione del Signore secondo Matteo ci interpella a verificare la nostra fede, a rivestire i panni dei personaggi che assistono alla condanna di Gesù e a domandarci da che parte stiamo.
Immagino che non ci sia chi, dopo aver ascoltato la Passione di nostro Signore Gesù Cristo secondo Matteo, si metta a fare la "predica". Sarebbe una presunzione imperdonabile: il racconto della passione e risurrezione di Gesù, nucleo primitivo della predicazione degli apostoli e dei vangeli scritti, è "la predica". E' di fronte e questo racconto che la gente reagiva, chiedendo: "Che cosa dobbiamo fare, fratelli?", aprendosi alla proposta: "Convertitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo" (At 2,38).
E' importante, invece, ascoltarla con alcune indicazioni per accendere l'attenzione e la disponibilità ad accoglierla come l'invito a verificare e rifornire la nostra fede di battezzati.
Mettiamoci nelle vesti del centurione che, insieme a "quelli che con lui facevano la guardia a Gesù, alla vista del terremoto e di quello che succedeva, furono presi da grande timore e dicevano: Davvero costui era Figlio di Dio!".
Scegliamo questa posizione per evitare di finire nella parte dei capi dei sacerdoti e dei farisei. Come sempre, infatti, la misteriosa e sconcertante fantasia di Dio fa sì che a riconoscere il senso profondo di ciò che era accaduto fosse un manipolo di pagani, quelli che per i capi dei sacerdoti e i farisei avrebbero dovuto esserne incapaci e indegni. Al contrario, coloro che chissà quante volte avevano letto del misterioso personaggio che dichiarava: "Ho presentato il mio dorso ai flagellatori, le mie guance a coloro che mi strappavano la barba; non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi"; e che chissà quante volte avevano pregato con le parole del salmo: "Si dividono le mie vesti, sulla mia tunica gettano la sorte", non si rendono conto di essere proprio loro i "flagellatori" del "Giusto", coloro che lo avevano insultato e ricoperto di sputi.
Attenzione, perciò! Anche noi potremo trovarci dalla parte sbagliata. I capi dei sacerdoti e i farisei ci erano finiti perché la lettura della Legge e dei Profeti era diventata una consuetudine esteriore che impediva a Dio di contestare le loro stantìe abitudini, cautelandosi per non farlo parlare, come sarebbe avvenuto il giorno seguente quel venerdì, chiedendo a Pilato: "Ci siamo ricordati che quell'impostore, mentre era vivo, disse: "Dopo tre giorni risorgerò". Ordina dunque che la tomba venga vigilata fino al terzo giorno, perché non arrivino i suoi discepoli, lo rubino e poi dicano al popolo: "È risorto dai morti". Non si sa mai"...
Cadremmo nella stessa situazione spirituale dei capi dei sacerdoti e dei farisei, se accogliessimo il racconto della passione di Gesù come una storia ascoltata tante volte, come un rito abitudinario, senza commozione, senza vibrazioni, senza reazioni, e non come lo stimolo più potente e autorevole per verificare se e quanto la nostra fede ci dà la forza di stare con Gesù, anche quando si fa "obbediente fino alla morte e a una morte di croce", pregando: «Padre mio, se è possibile, passi via da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu!».
Signore, questo racconto l'abbiamo ascoltato tante volte, ma siamo ancora troppo come i capi dei sacerdoti e dei farisei. Siamo ancora troppo come la folla che ti esalta la domenica (in chiesa) e ti abbandona al venerdì (appena usciti). Siamo ancora troppo come gli apostoli che promettono e non mantengono, che hanno paura e scappano.
Signore, facci essere come Pietro, deboli ma generosi e sempre pronti a piangere amaramente e a chiedere perdono.
Signore, facci essere e fai essere la tua Chiesa come il centurione e come Pietro.