Come, quando, se, perché pregare

XXIX Domenica del Tempo Ordinario - Anno C - 2019

Combattere nella pianura come Giosuè, tenendo alte le mani sul colle come Mosè.

La parola di Dio di questa domenica, con un racconto e una parabola attualissimi ed efficacissimi, ci stimola a capire cosa è la preghiera e come, quando, perché pregare.

La vita è una battaglia
Il racconto descrive la battaglia degli ebrei in cammino verso la terra promessa, contro gli amaleciti che si opponevano al passaggio nel loro territorio. Mosè lascia a Giosuè il compito di guidare i suoi uomini contro i nemici, e sale sul colle che sovrasta la pianura dove si volge lo scontro, per stare «ritto sulla cima, con in mano il bastone di Dio». Sappiamo cosa succede: finché Mosè tiene le mani alte verso il cielo «prevale Israele», quando le abbassa per stanchezza «prevale Amalèk». Allora Aronne e Cur, che lo hanno accompagnato, lo fanno sedere su una pietra, e «uno da una parte e l'altro dall'altra» gli sostengono le braccia verso l'alto: «così le sue mani rimasero ferme fino al tramonto del sole e Giosuè sconfisse Amalèk e il suo popolo».

Pianura e colle insieme
Il significato e la forza simbolica del racconto sono evidenti: questa battaglia è quella della vita, che non si può fare a meno di combattere, o mettendo in fuga i nemici, o scappando davanti a essi. C'è una strategia che assicuri la vittoria? Ce ne sono tante e le più diverse suggerite dalla storia e dall'attualità. Quella della parola di Dio consiste nell'essere contemporaneamente Giosuè combattente in pianura e Mosè in preghiera sul colle. Come si fa a essere nello stesso tempo l'uno e l'altro, combattendo nella pianura (il lavoro, la famiglia, le beghe quotidiane...) e pregando sul monte (le preghiere, il rosario, la Messa...)? Ce lo dice Gesù con la sua parabola sulla «necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai».

Vivere pregando, pregare vivendo
«Pregare sempre, senza stancarsi mai»... Bella questa! Magari fosse possibile passare le giornate a pregare invece che sbattersi tutto il giorno dietro alle preoccupazioni e alle complicazioni di ogni tipo!.
Le faccende, la famiglia, le preoccupazioni, le complicazioni di ogni tipo sono la nostra battaglia contro gli "amaleciti" che impediscono il cammino verso la Terra Promessa. San Paolo li chiama per nome: «fornicazione, impurità, dissolutezza, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere». Le nostre mani alzate sulla cima del colle sono - sempre secondo san Paolo: «amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé» (Galati 5, 16.19-25). Questo è il «pregare sempre» di Gesù. Egli non ci chiede di passare la giornata a dire rosari e a celebrare sante Messe. Se avesse voluto questo, non avrebbe vissuto tra noi giornate così intense da non avere nemmeno il tempo di mangiare (Mc 6,31). Poi, dopo il tramonto del sole o prima dell'alba si ritirava a pregare in luoghi solitari. È quello che suggerisce a noi quando ci esorta a pregare, quando possiamo, nel segreto della nostra camera, per verificare l'andamento della nostra battaglia.

Mai abbassare le mani
Le mani di Mosè si abbassavano per la stanchezza. Le nostre possono abbassarsi per il dubbio che pregare sia inutile: tanto il Signore non ci ascolta. Per convincerci che non è così, Gesù ricorre a un paragone sorprendente: se un giudice disonesto non resiste alle richieste insistenti di una vedova, quanto più Dio che è buono ascolterà coloro che gridano a lui giorno e notte, che cioè pregano sempre senza stancarsi mai.

La preghiera non va mai persa, e Dio non ci fa aspettare a lungo. Quando ci sembra che non arrivi niente, ricordiamoci che «Dio non esaudisce tutti i nostri desideri, ma realizza tutte le sue promesse» (D. Bonhoeffer), e così facendo ci ascolta e opera il nostro bene.


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