Con l’agnello di Dio che toglie il peccato del mondo

II Domenica del Tempo Ordinario - Anno A - 2017

In questa seconda domenica del periodo liturgico, chiamato: tempo ordinario, i brani della Parola sembrano una sequenza di confessioni autobiografiche, nelle quali i personaggi si dichiarano al servizio di un progetto di Dio per il quale sono stati pensati, e al quale hanno liberamente aderito.

Apre il misterioso "servo di Dio" che rivela: "Ora ha parlato il Signore, che mi ha plasmato suo servo dal seno materno: Io ti renderò luce delle nazioni, perché porti la mia salvezza fino all'estremità della terra". Continua Paolo, presentandosi ai cristiani di Corinto come: "chiamato a essere apostolo di Cristo Gesù per volontà di Dio".

Chiude Giovanni Battista che confessa: "Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me. Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell'acqua, perché egli fosse manifestato a Israele", e con la sua testimonianza: "Ecco l'agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! ... Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. ... E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio", rende manifesto che il progetto di Dio si è finalmente realizzato in Gesù, che viene mondo per liberarlo dal peccato.

A questo progetto alludeva la profezia di Isaia: "Io ti renderò luce delle nazioni, perché porti la mia salvezza fino all'estremità della terra". Di questo progetto è apostolo, annunciatore, Paolo. E di questo progetto parla il salmista quando rivela un misterioso dialogo nel quale il servo di Dio si offre di aderire liberamente alla sua volontà: "Sacrificio e offerta non gradisci, gli orecchi mi hai aperto, non hai chiesto olocausto né sacrificio per il peccato. Allora ho detto: Ecco, io vengo. Mio Dio, questo io desidero; la tua legge è nel mio intimo".

Il peccato del mondo...

Cos'è? Qual è? La guerra? Lo spaccio di droga? Il commercio delle armi? L'usura? L'inquinamento? Il terrorismo? E' tutto ciò che scaturisce dal rifiuto di essere figli e fratelli come Dio ci ha pensati. Peccato del mondo è tutti i pensieri, tutte le opere, tutte le omissioni, dai più micidiali a quelli apparentemente meno dannosi, che rifiutando la figliolanza di Dio, contribuiscono a produrne e ad aggravarne le conseguenze. E' questo il peccato, che inquina il cuore dell'uomo dall'origine, da quando Adamo e Eva hanno utilizzato il dono della libertà per dire no al creatore, che Gesù è venuto a togliere. La sua opera coinvolge anche noi, pur così piccoli, perché il pensiero di Dio su di noi è che ci uniamo al Figlio.

Detta così, la cosa ci può sembrare una grande verità, ma senza risvolti pratici. Questo perché siamo stati abituati, - e ci siamo abituati -, a considerare la morale cristiana come un reticolato di proibizioni e divieti, più o meno fastidiosi, che limitano la nostra voglia di fare ciò che ci piace, ciò che ci sembra "buono da mangiare, gradito agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza" (Gn 3,6). La saggezza "nostra" che "è stoltezza davanti a Dio" (1 Cor 3,19).

Se la morale cristiana è la collaborazione a Gesù nel togliere il peccato del mondo, tutto ciò che scaturisce dal rifiuto di essere ciò per cui Dio ci ha pensati: figli suoi e fratelli tra noi (la guerra, lo spaccio di droga, il commercio delle armi, l'usura, è l'inquinamento...), allora i nostri no e i nostri sì, per quanto piccoli, diventano parte di un disegno grandioso.

Quali sono questi no e questi sì che la lotta la peccato del mondo richiede? Non occorre stilare elenchi di proibizioni e doveri, perché ognuno è in grado di capire ciò con tutti "quelli che in ogni luogo invocano il nome del Signore nostro Gesù Cristo" ci siamo impegnati a servire: la pace, la generosità, la lealtà, la misericordia, la giustizia, la luce che dà senso alla vita.


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