In questa seconda domenica del periodo liturgico, chiamato: tempo ordinario, i brani della Parola sembrano una sequenza di confessioni autobiografiche, nelle quali i personaggi si dichiarano al servizio di un progetto di Dio per il quale sono stati pensati, e al quale hanno liberamente aderito.
Apre il misterioso "servo di Dio" che rivela: "Ora ha parlato il Signore, che mi ha plasmato suo servo dal seno materno: Io ti renderò luce delle nazioni, perché porti la mia salvezza fino all'estremità della terra". Continua Paolo, presentandosi ai cristiani di Corinto come: "chiamato a essere apostolo di Cristo Gesù per volontà di Dio".
Chiude Giovanni Battista che confessa: "Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me. Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell'acqua, perché egli fosse manifestato a Israele", e con la sua testimonianza: "Ecco l'agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! ... Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. ... E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio", rende manifesto che il progetto di Dio si è finalmente realizzato in Gesù, che viene mondo per liberarlo dal peccato.
A questo progetto alludeva la profezia di Isaia: "Io ti renderò luce delle nazioni, perché porti la mia salvezza fino all'estremità della terra". Di questo progetto è apostolo, annunciatore, Paolo. E di questo progetto parla il salmista quando rivela un misterioso dialogo nel quale il servo di Dio si offre di aderire liberamente alla sua volontà: "Sacrificio e offerta non gradisci, gli orecchi mi hai aperto, non hai chiesto olocausto né sacrificio per il peccato. Allora ho detto: Ecco, io vengo. Mio Dio, questo io desidero; la tua legge è nel mio intimo".
Cos'è? Qual è? La guerra? Lo spaccio di droga? Il commercio delle armi? L'usura? L'inquinamento? Il terrorismo? E' tutto ciò che scaturisce dal rifiuto di essere figli e fratelli come Dio ci ha pensati. Peccato del mondo è tutti i pensieri, tutte le opere, tutte le omissioni, dai più micidiali a quelli apparentemente meno dannosi, che rifiutando la figliolanza di Dio, contribuiscono a produrne e ad aggravarne le conseguenze. E' questo il peccato, che inquina il cuore dell'uomo dall'origine, da quando Adamo e Eva hanno utilizzato il dono della libertà per dire no al creatore, che Gesù è venuto a togliere. La sua opera coinvolge anche noi, pur così piccoli, perché il pensiero di Dio su di noi è che ci uniamo al Figlio.
Detta così, la cosa ci può sembrare una grande verità, ma senza risvolti pratici. Questo perché siamo stati abituati, - e ci siamo abituati -, a considerare la morale cristiana come un reticolato di proibizioni e divieti, più o meno fastidiosi, che limitano la nostra voglia di fare ciò che ci piace, ciò che ci sembra "buono da mangiare, gradito agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza" (Gn 3,6). La saggezza "nostra" che "è stoltezza davanti a Dio" (1 Cor 3,19).
Se la morale cristiana è la collaborazione a Gesù nel togliere il peccato del mondo, tutto ciò che scaturisce dal rifiuto di essere ciò per cui Dio ci ha pensati: figli suoi e fratelli tra noi (la guerra, lo spaccio di droga, il commercio delle armi, l'usura, è l'inquinamento...), allora i nostri no e i nostri sì, per quanto piccoli, diventano parte di un disegno grandioso.
Quali sono questi no e questi sì che la lotta la peccato del mondo richiede? Non occorre stilare elenchi di proibizioni e doveri, perché ognuno è in grado di capire ciò con tutti "quelli che in ogni luogo invocano il nome del Signore nostro Gesù Cristo" ci siamo impegnati a servire: la pace, la generosità, la lealtà, la misericordia, la giustizia, la luce che dà senso alla vita.