Le strade per i cieli nuovi e la terra nuova.
Nella domenica che segna la metà del pellegrinaggio dell’Avvento, la parola di Dio si apre con un invito alla gioia: «Rallègrati, figlia di Sion, grida di gioia, Israele, esulta e acclama con tutto il cuore, figlia di Gerusalemme!». È il profeta Sofonia che si rivolge ai suoi contemporanei, e naturalmente anche a noi. Lo stesso appello viene rafforzato dal salmo: «Canta ed esulta, perché grande in mezzo a te è il Santo d’Israele». Poi interviene San Paolo: «Fratelli, siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti. La vostra amabilità sia nota a tutti».
Qual è il motivo di questi inviti alla gioia, all’esultanza, alla lietezza? La risposta immediata potrebbe essere che la festa del Natale, la più gioiosa, la più bella, la più desiderata ormai è alle porte. Il “clima natalizio” è sicuramente motivo di gioia con le luminarie, i doni, i canti, gli incontri… e tutte le cose belle che porta con sé; che non vanno seriosamente condannati ed esorcizzati, perché, pur scadendo con facilità e frequenza in esagerazioni e sprechi in netto contrasto con la nascita di Betlemme, contengono una componente di bontà e bellezza per la quale ringraziare il Signore. Questa, però, sarebbe una risposta gravemente insufficiente e se la gioia del Natale fosse tutta e solo lì sarebbe ben poca cosa.
San Paolo, dopo avere esortato a essere lieti, dà la risposta con il suo: «Il Signore è vicino!», quasi un grido di gioia. «Vicino» non perché tra pochi giorni arriva il compleanno di Gesù, ma perché la celebrazione del Natale di Betlemme ci ricorda che «il Signore e giudice della storia, apparirà sulle nubi del cielo rivestito di potenza e splendore e in quel giorno tremendo e glorioso passerà il mondo presente e sorgeranno cieli nuovi e terra nuova» (Dalla Liturgia). Questa gioia che nasce dall’incontro con il Signore per abitare cieli nuovi e terra nuova non la si trova sotto l’albero, o nelle luminarie o negli sconti del Black Friday. La si deve costruire. Come farlo ce lo insegna il Battista proponendoci le stesse severe indicazioni che dava sulle rive del Giordano per aspettare il Messia.
A quelli che gli chiedevano: «Che cosa dobbiamo fare?», rispondeva: «Chi ha due tuniche, ne dia una a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto». Tradotto significa: condividete la vita con tutto ciò che offre materialmente e spiritualmente, perché «A cosa servono i soldi in banca, le comodità negli appartamenti, i finti “contatti” del mondo virtuale, se poi i cuori restano freddi, vuoti, chiusi? A cosa servono gli alti livelli di crescita finanziaria dei Paesi privilegiati, se poi mezzo mondo muore di fame e di guerra, e gli altri restano a guardare indifferenti?» (Papa Francesco nell’Omelia per l’Immacolata).
Ai pubblicani (gli esattori delle tasse) che gli ponevano la stessa domanda, diceva: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato»; cioè non servitevi degli altri ma serviteli. “Ma noi non siamo esattori delle tasse!”. Tutti per un motivo o per l’altro - o nel condominio, o nel posto di lavoro, o in famiglia - nei confronti degli altri siamo “esattori”, perché nell’inevitabile dare e ricevere possiamo decidere di essere più esigenti ed esosi verso gli altri di quanto lo siamo verso noi stessi.
Arrivavano anche i soldati a interrogarlo: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». La risposta: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno, accontentatevi delle vostre paghe» sembrerebbe specifica per i soldati e quindi interessante tutt’al più per i vigili urbani, per la polizia, per carabinieri, per finanzieri… non per noi. Non è così. Tutti siamo sempre nella condizione di poter prevalere sugli altri, approfittando della corazza e della spada, delle condizione di forza, sia materiale che spirituale. Il “caporale” può maltrattare l’operaio, che si rifarà sullo straniero, che porterà via la coperta al senza tetto, che…
«Rallegratevi!», esorta il profeta. «Cantate ed esultate!», dice il salmista. «Siate sempre lieti!», raccomanda l’Apostolo. Ma poi arriva l’austero e severo precursore e… rovina tutto? No! Indica la strada per la gioia che non si trova da comperare, e nemmeno da farsi regalare, ma soltanto da costruire. È la gioia che non si spegne finita la festa.
VIENI, SIGNORE GESÙ!
Signore, noi accogliamo l’invito a essere forti e fiduciosi,
sempre e nonostante tutto, perché tu sei in mezzo a noi
e ci sostieni con la tua bontà che ci conforta.
Tu rendi più autentica e vera la nostra fede in te.
Signore, noi accogliamo l’invito a essere contenti e sereni,
cortesi, affabili e buoni verso tutti,
senza angustiarci e senza affannarci per nulla.
Tu custodisci i nostri cuori e i nostri pensieri nella tua pace.
Signore, noi accogliamo l’invito a condividere ciò che abbiamo,
a non essere prepotenti, sfruttatori e incontentabili,
a rispettare gli altri soprattutto quando sono più deboli.
Tu aiutaci a vincere l’egoismo e a imitare la tua carità.