Credere a Gesù vuol dire volergli bene

III Domenica di Pasqua - Anno C - 2022

La fede che rimane tra nozioni e devozioni non riempie la barca di grossi pesci.

Un gruppo di apostoli è già in Galilea in attesa di vedere il Risorto, come aveva fatto annunciare dalle donne la mattina di Pasqua: «Andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea e là mi vedranno» (Mt 28,10). L’attesa è stressante, anche perché ciò che è avvenuto e che sta accadendo non è ancora del tutto chiaro. Pietro non la regge e per allentarla decide: «Io vado a pescare». Gli altri lo seguono, passando la notte sulla barca senza pescare nulla.
All’alba, quando sono a un centinaio di metri dalla riva, Gesù, senza che i discepoli si accorgono che è lui, chiede se hanno nulla da mangiare. Un «no» secco fa intuire il loro umore. Segue l’invito a gettare la rete a destra della barca. “Qui? A cento metri dalla riva? All’alba?”. Forse quella strana richiesta ha risvegliato ricordi lontani, infatti eseguono. Il risultato straordinario basta a Giovanni per dire a Pietro: «È il Signore!». E Pietro si getta in mare per raggiungerlo a nuoto prima della barca appesantita dal carico.
A terra, trovano «un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane». Tutto è pronto per mangiare, ma Gesù chiede: «Portate un po’ del pesce che avete preso ora». Pietro esegue. Qualsiasi cosa Gesù chiede, egli risponde prontamente. Magari poi non riesce a fare quello che gli è stato chiesto, ma non mette mai in discussione la richiesta. Con il «venite a mangiare» ogni dubbio scompare: è il Signore.

Un poco di noi

“Sarebbe bello se Gesù si comportasse così con noi; se ci riempisse la barca delle nostre richieste; se ci facesse trovare un fuoco di brace, il pesce arrosto e il pane. Invece…”. Quando abbiamo la sensazione di essere trascurati, verifichiamo se abbiamo recuperato quel “un po’ di pesce preso ora” richiesto da Gesù. Senza di quello manca il presupposto per il suo intervento, come emerge dal seguito del racconto.
«Quand’ebbero mangiato», Gesù si rivolge a Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?». Al pescatore non sfugge il riferimento alle sue dichiarazioni durante l’ultima cena: «Anche se tutti si scandalizzeranno, io no!» (Mc 14,29); «Signore, con te sono pronto ad andare in prigione e alla morte» (Lc 22,33). «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene», risponde timidamente. Alla terza richiesta dello stesso tipo, essendo l’eco del canto del gallo troppo forte, affida la risposta al maestro e amico che lo conosce nel profondo più di se stesso: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene».

«Tu sai che ti voglio bene»

Questa è la fede di Pietro, che non poggia sulla sua coerenza, ma nell’amore generoso e fiducioso in Gesù; nel volergli bene come amico nonostante debolezze e rinnegamenti. Questa è la fede sulla quale Gesù fonda la sua Chiesa. Questa deve essere la fede della Chiesa e di ogni cristiano. Questa è la fede che cambia la vita, che rende Pietro un testimone senza paura davanti al sommo sacerdote. Questi, sicuro di intimidire un pescatore che nel suo palazzo si era lasciato impaurire da una delle sue serve, lo rimprovera minaccioso: «Non vi avevamo espressamente proibito di insegnare in questo nome? Ed ecco, avete riempito Gerusalemme del vostro insegnamento e volete far ricadere su di noi il sangue di quest’uomo», ricevendo una risposta che lo lascia interdetto: «Bisogna obbedire a Dio invece che agli uomini», …sommo sacerdote compreso. E non bastano le frustate per farlo tacere. Anzi sono un vanto per essere stato giudicato degno di subire oltraggi per il nome di Gesù.

Il voler bene a Gesù è quel “un po’ di pesce preso ora”, che è necessario aggiungere al “tutto” di Gesù. È la fiducia in lui più forte delle nostre promesse. È una fede adulta e consapevole che non teme “i sommi sacerdoti”, a cominciare da quelli che si nascondono dentro di noi. Quando ci sembra che Gesù non ci faccia tirare su la rete piena di centocinquantatrè grossi pesci; che non ci prepara il fuoco di brace, il pesce arrostito e il pane, verifichiamo se ci fidiamo di lui; se gettiamo la rete quando e dove umanamente sembra assurdo gettarla; se ci buttiamo in mare per raggiungerlo più in fretta a nuoto, se possiamo dichiarargli con umiltà e sincerità «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene».


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