Da Emmaus a Gerusalemme senza indugio

III Domenica di Pasqua - Anno A - 2023

Leggere il libro della vita con il libro della Parola per capirne il senso.

Quando meditiamo questo bellissimo e straordinario racconto dei discepoli «in cammino per un villaggio di nome Emmaus, con il volto triste», perché delusi dalla dolorosa conclusione dell’avventura con il Maestro, che aveva aperto loro la mente e riempito il cuore di esaltanti speranze per un mondo e una vita nuovi, è difficile non immedesimarsi nei due che da Gerusalemme, dove avevano sperato che Gesù avrebbe liberato Israele dalle pesantezze e oscurità del passato, tornano a Emmaus, alla vita di sempre, delle speranze deluse, dei tentativi finiti nel niente, dei sogni infranti.

Sì, quei due discepoli siamo noi quando ci lasciamo vincere dalla delusione del «noi speravamo» e fatichiamo a credere al «ma… alcune donne sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo» della ripresa della speranza. Questo passare di frequente da Gerusalemme a Emmaus, non sempre con la prontezza di «tornare senza indugio a Gerusalemme» deve preoccuparci e nel contempo stimolarci. Noi, infatti, a differenza dei due discepoli frastornati, dovremmo essere residenti stabili e con il volto gioioso a Gerusalemme, certi che «il Signore è davvero risorto», e che è sempre accanto a noi per darci coraggio nel credere e nel praticare la sua parola. Eppure eccoci spesso verso Emmaus anche noi con gli occhi «impediti a riconoscerlo», perché offuscati per le delusioni, le tristezze, le sofferenze, le incertezze… dalle quali speravamo che il Risorto ci avesse liberato. Invece no. È come se i «capi dei sacerdoti e le autorità» lo avessero consegnato di nuovo al sinedrio e a Pilato, per condannarlo e crocifiggerlo con le guerre, la miseria, lo sfruttamento, il razzismo… e la vita rimasta quella di sempre.

Le Bibbia scritta spiega

Paragonarci ai due discepoli «col volto triste» verso Emmaus non è un volere comunque e sempre batterci il petto? In fondo, che Gesù è risorto noi lo crediamo dal Battesimo e lo dichiariamo continuamente nel Credo, nelle preghiere e nei canti. Certamente, però, è vero che per noi è normale ritenere che la sua risurrezione non abbia niente a che fare con la pratica del vivere quotidiano: le preoccupazioni, le scelte, i successi e gli insuccessi, le debolezze, gli errori…, con la vita che va per conto suo. Al Signore risorto pensiamo la domenica, cantando Alleluia.
È per questa riduzione della risurrezione di Gesù a un evento estraneo alla vita e alla storia, che meritiamo anche noi di essere chiamati «stolti e lenti di cuore» a capire che essa non è stata una resa al sinedrio e a Pilato, ma la realizzazione di un progetto di salvezza di Dio. Per fare loro comprendere questo, il viandante «spiegò in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui», cioè spiegò con la storia della salvezza la storia di ogni giorno. È quello che dobbiamo fare anche noi, sempre, ma soprattutto nei momenti di nostalgia per Emmaus. Purtroppo, invece, per noi la Bibbia, ben che vada, è un libro per pregare, per imparare, ma non la “spiegazione” di quello che stiamo vivendo e come lo stiamo vivendo. Ecco perché non ci fa ardere il cuore. Affinché questo “fuoco” si accenda dobbiamo farla essere Gesù che si avvicina, che cammina con noi, che ci spiega il senso di quello che stiamo vivendo.

La Bibbia vissuta fa riconoscere

«Vicini al villaggio», i due discepoli, rasserenati dalla compagnia e grati per le spiegazioni, desiderano che il viandante rimanga: «Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto». Ma per sapere chi fosse era necessario un segno che traducesse in pratica le parole che avevano fatto ardere il loro cuore. E il segno arrivò: il pane spezzato e condiviso. “La Messa!”, diciamo noi. No. È la vita condivisa che trova nella Messa la forza per essere il gesto che apre gli occhi e lo fa riconoscere e ci fa riconoscere. Quel pane spezzato diede ai due delusi e tristi la volontà e la forza di partire senza indugio per ritornare a Gerusalemme con la mente illuminata e il cuore ardente. Perché anche noi abbiamo questa volontà e forza il Signore ci ha lasciato il gesto dello spezzare il pane in sua memoria. È soltanto vivendo questo gesto che lo sentiremo sempre camminare accanto a noi, e a essere, per quello che possiamo, compagni di viaggio di coloro che con il volto triste stanno andando verso Emmaus.


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