Dio è di parola?

XXVI Domenica del Tempo Ordinario - Anno C - 2016

La liturgia di questa XXVI domenica del tempo ordinario ci invita a vigilare che non ci siano i "Lazzaro" dimenticati davanti alla porta della nostra vita quotidiana.

"Il Signore rimane fedele per sempre, rende giustizia agli oppressi, dà il pane agli affamati. Il Signore libera i prigionieri. Il Signore ridona la vista ai ciechi, il Signore..., ma sconvolge le vie dei malvagi". La liturgia ci fa pregare un salmo con il messaggio che fa da sottofondo a tutta la Bibbia, e che il canto del Magnificat ha sintetizzato così: Dio "ricolma di bene gli affamati e rimanda i ricchi a mani vuote".

Queste affermazioni le leggiamo, le ascoltiamo, le preghiamo, le crediamo, però con un interrogativo nascosto e fastidioso che abbiamo timore di confessare perfino a noi stessi: «E' proprio vero che è così? Perché la nostra esperienza ci dice il contrario? Perché i "Lazzaro" affamati, umiliati, coperti di piaghe, sono sempre così numerosi davanti ai palazzi degli spensierati di Sion, che si considerano sicuri, distesi su letti d'avorio e sdraiati sui loro divani, mentre mangiano gli agnelli del gregge e i vitelli cresciuti nella stalla, canterellando al suono dell'arpa, bevendo il vino in larghe coppe, profumati con gli unguenti più raffinati?».

La risposta la conosciamo. Sta nelle parole di Abramo al ricco spendaccione: "Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti". Cioè: quaggiù i "Lazzaro" soffrono, hanno fame, sono umiliati e dimenticati. Dopo, lassù, avverrà il capovolgimento: i ricchi e i potenti nei tormenti e i "Lazzaro" beati.

Questa risposta cerchiamo di crederla. Però... Cosa ci fanno dopo, lassù, gli oppressi con la giustizia, gli affamati con il pane, i ciechi con la vista? Questi beni servono quaggiù. Perché Dio non li dona adesso a coloro che ne vengono privati dalla malvagità degli spensierati?

Dobbiamo rimuovere questo interrogativo come irriguardoso verso Dio? No, perché la risposta "la giustizia di Dio ci sarà dopo" non è del tutto vera. Dio, infatti, non vuole che quaggiù i "Lazzaro" rimangano fuori dal palazzo dei ricchi, ma che i ricchi si accorgano della loro presenza e intervengano a sollevarli. Se non fosse questa la sua volontà, si limiterebbe a compensare i "Lazzaro" con la beatitudine eterna. Invece no, c'è un giudizio, e ci sono "i tormenti degli inferi" per coloro che li hanno ridotti o lasciati coperti di piaghe "davanti alla porta", per coloro che non ascoltano l'invito di Mosè, dei profeti, e soprattutto del suo Figlio, e non accettano di collaborare con lui nel ricolmare di bene gli affamati e rimandare i ricchi a mani vuote.

Certo, ci farebbe comodo che Dio sistemasse con la sua potenza infinita tutte le miserie, gli abbandoni, le piaghe, ma, avendoci donato l'intelligenza e la volontà per farlo, egli ha voluto che noi gli prestassimo la mente, il cuore, le mani per collaborare con lui.

Attenzione, perciò, a vigilare che non ci siano i "Lazzaro" dimenticati davanti alla porta della nostra vita quotidiana. E non aspettiamo che venga qualcuno dall'aldilà a dirci cosa fare. Basta ascoltare Mosè, i Profeti, e Gesù. Il brano della lettera a Timoteo di San Paolo, soprattutto se letto con i versetti precedenti che il testo liturgico ha stranamente lasciato, sembra un commento alla parabola del povero Lazzaro. Ammonisce: "Non abbiamo portato nulla nel mondo e nulla possiamo portare via. Quando dunque abbiamo di che mangiare e di che coprirci, accontentiamoci. Quelli invece che vogliono arricchirsi, cadono nella tentazione, nell'inganno di molti desideri insensati e dannosi, che fanno affogare gli uomini nella rovina e nella perdizione. L'avidità del denaro infatti è la radice di tutti i mali; presi da questo desiderio, alcuni hanno deviato dalla fede e si sono procurati molti tormenti. Tu, uomo di Dio, evita queste cose; tendi invece alla giustizia, alla pietà, alla fede, alla carità, alla pazienza, alla mitezza".

Noi, uomini e donne, che cerchiamo umilmente di essere di Dio, tendiamo alla giustizia, alla pietà, alla fede, alla carità, alla pazienza, alla mitezza. E i "Lazzaro" non li dimenticheremo.


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