Dio non ha creato la morte

XIII Domenica del Tempo Ordinario - Anno B - 2018

La morte ci spaventa, tanto che si ha paura persino di parlarne. Dobbiamo invece guardarla in faccia e combatterla come ha fatto Gesù, per vincerla con lui.

La parola di Dio di questa domenica si apre con una affermazione dal libro della Sapienza che mette in difficoltà la nostra fede: "Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi". La nostra reazione istintiva, che facciamo fatica a confessare anche a noi stessi, perché ci sembra una mancanza di fede, se non addirittura un peccato, è: "Se Dio non ha creato la morte, chi l'ha creata? Noi no di sicuro, dal momento che la temiamo, tanto da evitare persino di parlarne". Questa reazione nasce dalla dolorosa difficoltà di accettare la fine della nostra vita, che arriva spesso quando essa ci è più cara; ma anche da una educazione religiosa, da prediche e da preghiere poco accorte che hanno inculcato la convinzione che Dio decide giorno per giorno chi far morire e chi no. Chi non ha sentito frasi del tipo: "È la volontà di Dio", "È Dio che ha voluto così!", "Dio ha chiamato a sé"... Questa idea va superata e combattuta perché mette in crisi la fede, e spesso la spegne. I parroci conoscono bene lo strazio di genitori, di coniugi, di figli che gridano: "Perché Dio mi ha fatto questo?", o di atei che si proclamano tali perché Dio fa morire i bambini. Anche perché queste "decisioni divine" sembrano scriteriate e malevole: vecchi che non riescono morire, e bambini che fanno in tempo ad assaggiarla.

Come accettare che "Dio non ha creato la morte", ma che essa sia entrata nel mondo "per l'invidia del diavolo", in modo che la nostra ragione non si rifiuti e il nostro sentimento non si ribelli? L'unica possibilità è cercare la soluzione in Gesù. Anche a lui la morte incuteva paura e repulsione. L'ha accettata per fare della sua morte e della sua risurrezione la liberazione dal peccato che l'ha fatta entrare nel mondo, e per aprire a tutti la via della "incorruttibilità" per la quale siamo stati creati.

«Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme». Queste parole per le quali "lo deridevano" sono la verità sulla morte, che Gesù ha voluto rafforzare, richiamando alla vita anche il giovane di Nain, e l'adulto Lazzaro, e combattendola: ha passato gran parte del suo tempo ad allontanarla il più possibile, curando malattie e infermità di ogni tipo. È esemplare il vangelo di questa domenica: richiama dal sonno una bambina di dodici anni, l'età in cui diventava donna, e guarisce una donna che da dodici anni per la legge mosaica era praticamente morta.

Qual è il messaggio per noi? Non è Dio che decide a chi tocca, se tocca al vecchio, o al bambino, o al giovane, ma il nostro essere impastati di un'eredità che arriva da lontano, portandosi appresso tare e predisposizioni, nonché dalle situazioni ambientali e sociali favorevoli o contrarie, oppure dall'imprudenza propria o altrui. Piangere e urlare di fronte alla morte è inutile, tanto meno serve evitare di pensarci o tentare di esorcizzarla. È necessario combatterla con decisione, tenendo lontano il più possibile tutto ciò che la richiama o che ne facilita l'arrivo. Vedi: droghe, alcool, violenze, sregolatezza, imprudenza, mancanza di rispetto delle regole più elementari di saggezza. Quante persone sono morte quest'anno in montagna per non avere rispettato i segnali di pericolo, e quante moriranno e per imprudenza durante le vacanze al mare?

Però, nonostante tutte le attenzioni, la "la donna con la falce" arriva comunque. Allora? Se non possiamo vincerla, richiamando i morti alla vita come Gesù, possiamo diminuirne lo strazio con tutti mezzi possibili della scienza e dell'assistenza, della carità, della vicinanza nei confronti di chi parte e di chi resta.

Quindi, contro la morte, sempre. E non soltanto quella fisica. È singolare ed esemplare il comportamento di Gesù. Compie il miracolo clamoroso, il richiamo alla vita della ragazzina di dodici anni, senza clamore. Dà il massimo clamore, ricorrendo addirittura a un gesto tipico degli antichi profeti, alla guarigione della donna che voleva rimanesse nascosta. Il messaggio non poteva essere più chiaro: della morte fisica è inevitabile accorgersi e perciò sentire il bisogno di intervenire alleggerendone lo schianto. Le morti che non si vedono, perché sotto penoso silenzio e angosciosa solitudine, possono sfuggirci e dispensarci dall'intervenire. Queste invece possiamo addirittura sconfiggerle.

 


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