Dio non vuole le cose, vuole noi

IV Domenica di Avvento - Anno C - 2021

Nella gioia della festa non può mancare la serietà del messaggio.

«E tu, Betlemme di Èfrata, così piccola…». Basta sentire pronunciare: “Betlemme” – il piccolo e insignificante villaggio a cui il profeta promette un futuro radioso – perché la mente si popoli di presepi, pastori, pecorelle, canzoncine… È sempre così, ma in modo particolare in questa ultima domenica di Avvento con le chiese nel pieno dell’atmosfera natalizia, come le strade, le piazze, le case.

La seconda lettura, dalla Lettera agli Ebrei, contrasta decisamente questa scenografia rasserenante e attraente e ci trasporta al di fuori del tempo e dello spazio per ascoltare un misterioso dialogo tra Dio e il suo Cristo. È il momento in cui il Figlio, avendo deciso di entrare nel mondo, cioè di scendere sulla nostra terra, dichiara le sue motivazioni al Padre: «Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato. Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. Allora ho detto: "Ecco, io vengo per fare, o Dio, la tua volontà”».
Le sue parole richiamano quelle che Dio continuamente ha fatto risuonare per bocca dei profeti: “Perché mi offrite i vostri sacrifici senza numero? Sono sazio degli olocausti di montoni e del grasso di pingui vitelli. Il sangue di tori e di agnelli e di capri io non lo gradisco… Smettete di presentare offerte inutili… l'incenso per me è un abominio, … detesto i vostri noviluni e le vostre feste; … Cessate di fare il male, imparate a fare il bene, cercate la giustizia, soccorrete l'oppresso, rendete giustizia all'orfano, difendete la causa della vedova” (Is 1, 11-17).
Non avendo gli accorati appelli ottenuto alcun effetto, il Figlio ha deciso di intervenire, offrendo non cose ma se stesso: «Ecco, io vengo per fare la tua volontà». E “mediante quella volontà - commenta l’autore - siamo stati santificati per mezzo dell'offerta del corpo di Gesù Cristo, una volta per sempre”.

Cosa c’entra questo dialogo misterioso con il nostro Natale? Se non ci fosse stato, non ci sarebbero stati né l’angelo Gabriele, né la stella, né la grotta, né gli angeli, né i pastori, né i Magi, né niente di quello che ammiriamo, perché tutto è scaturito da lì. Se non lo tenessimo presente, la nostra festa con le celebrazioni e i segni che la accompagnano entrerebbero tra quelli che Dio non gradisce. “Betlemme” e tutto ciò che essa evoca, celebra, annuncia, scaturisce dal Figlio che si offre al Padre «per fare la sua volontà», rivelandoci in cosa essa consiste e invitandoci a compierla.

“Betlemme” è la sua volontà
La volontà di Dio è accettare i suoi pensieri e i suoi sentieri diversi dai nostri. Il Figlio ce li ha manifestati, realizzando la promessa del profeta Michea: «E tu, Betlemme di Èfrata, così piccola per essere fra i villaggi di Giuda, da te uscirà per me colui che deve essere il dominatore in Israele», nascendo piccolo, fragile, povero in un piccolo e umanamente insignificante borgo, all’opposto di come lo si aspettava.

L’icona è Maria
Maria, che con il suo: «ecco la serva del Signore» ha permesso al Figlio di realizzare il suo: «Ecco, io vengo per fare la tua volontà», è l’esempio insuperabile dell’offerta della propria volontà, ma nel contempo testimonia che la volontà di Dio è alzarsi e andare in fretta verso “Elisabetta”: gli altri.

Un Natale gioioso e serio
I racconti della nascita di Gesù a Betlemme, che rappresentiamo in modo bello, poetico, e coinvolgente, in realtà furono dure prove di fede e di affidamento alla volontà di Dio che sconvolge i criteri umani di potere, di ricchezza, di successo. Lasciamoci pure prendere dalla magia gioiosa, che scaturisce intorno alla celebrazione della nascita di Gesù - come non si potrebbe? - ma non dimentichiamo che essa fu l’offerta di sé al Padre. Non basta ammirare senza imitare. Perciò, un Natale gioioso ma serio.


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