Due lampi della stessa luce

Epifania del Signore - Solennità

Betlemme ricarica la fede, il Giordano la verifica.

Le celebrazioni dell’Epifania e del Battesimo di Gesù, quest’anno praticamente in tandem, completano e rafforzano vicendevolmente il messaggio religioso dell’una e dell’altra.

L’EPIFANIA

L’Epifania, per tutti la Festa dei Magi, tanto cara alla gente che, tolta dal governo nel 1977 dovette essere ripristinata nel 1986, ci mantiene ancora nell’incanto dei racconti natalizi. Protagonista è la stella che invita i Magi, li guida, e dopo essere scomparsa a Gerusalemme per negarsi ai capi dei sacerdoti, agli scribi del popolo, e a Erode, ricompare su Betlemme, donando ai tre misteriosi personaggi «una grandissima gioia».
Quella stella è la luce di Gesù che si fa scorgere da tutti coloro che non vivono a testa bassa, rassegnati a camminare nel buio dell’individualismo e del nonsenso, ma ascoltano l’invito rivolto dal profeta a Gerusalemme: «Àlzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla sopra di te».

Per chi alza lo sguardo c’è sempre la stella che indica la strada per Betlemme, dove è scesa «nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo» (Gv 1,9). La sua luce è alta, splendente, ma nello stesso discreta, come lo è sempre il Signore nei nostri confronti. Non si impone. Si propone. Tocca a noi decidere se vederla e seguirla, come i Magi; se ritenerla una vecchia promessa da non prendere in considerazione come i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo; se cercare di spegnerla, come Erode, perché la sua luce dà fastidio quando gli occhi sono pieni di terra. A chi sa vederla e seguirla essa assicura una «grandissima gioia».

La fede in cammino

Il viaggio dei Magi ricorda che nella fede non si è mai arrivati, perciò è necessario non smettere mai di alzare lo sguardo per riprendere il cammino e lasciarsi condurre «ad adorarlo» con più profondità e trasparenza. Niente, infatti, danneggia di più la fede che l’assuefazione a preghiere, a riti, a credenze, a pratiche che si ripetono sempre uguali. La «gioia grandissima» che i Magi provarono nel ritrovarla è per chi va a rifornirsi della luce, della gioia, della pace che a Betlemme si sono rivelati e da lì promanano, offrendo l’oro della fede ripulita dalle convenzioni che hanno sostituito le convinzioni; l’incenso della fede che diffonde il profumo della testimonianza; la mirra della fede vissuta anche nei momenti del dubbio, del rischio e degli svantaggi.

IL BATTESIMO DI GESÙ

La domenica del Battesimo di Gesù, che sempre chiude il tempo liturgico del Natale dopo l’Epifania, trasporta da Betlemme al Giordano, dove “la stella” annunciata dai profeti fino al Battista, viene ufficialmente presentata dai cieli che si squarciano, dallo Spirito che discende su Gesù come una colomba, e da una voce che viene dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».

Non è facile passare in maniera così netta e rapida dalla tenerezza del “Bambinello”, dai pastori che glorificando e lodando Dio per tutto quello che hanno udito e visto se ne tornano ai loro greggi (Lc 2,20); dai Magi che, ancora carichi della «grandissima gioia» provata alla vista della stella, «se ne tornano al loro paese» (Mt 2,12), al Gesù trentenne che inizia la sua missione evangelizzatrice scendendo con i peccatori nel Giordano. Però, anche se con la nostalgia e la tristezza che si prova nel disfare i presepi, nel togliere luminarie e addobbi, nell’abbandonare rappresentazioni e canti, è necessario evitare il rischio che tutto il vissuto del Natale finisca in soffitta con gli scatoloni dei pastori e delle pecorelle.

Betlemme è la ricarica, il Battesimo di Gesù è la verifica della vitalità del nostro.
Passare da Gesù bambino a Gesù adulto deve stimolare a verificare se la nostra fede è adulta, consapevole, motivata, incisiva, luce per i pensieri, per le parole, per le azioni, per riprendere il cammino con più generosità.
Nel parlare del Natale il famoso scrittore e giornalista Charles Dickens promette: «Onorerò il Natale nel mio cuore e cercherò di tenerlo con me tutto l’anno». Può esser anche la nostra promessa.


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