È fede vera se Gesù non ci pesa e non ci amareggia

XIV Domenica del Tempo Ordinario - Anno A - 2020

L'impegno cristiano, come ogni scelta, deve essere libero e consapevole.

Domenica scorsa il vangelo ci ha provocato in maniera decisa. Ricordiamo? «Chi ama padre o madre più di me non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me non è degno di me»; «Chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me». Affermazioni talmente forti da far pensare bene prima di considerarsi e dichiararsi suoi discepoli, cioè cristiani. Il messaggio di questa domenica, raccordato con quello, risulta altrettanto sconcertante e provocatorio. Eccolo: «Venite a me... Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero». Il suo giogo, cioè le condizioni per essere suoi discepoli, è "dolce" e "leggero". Tradotto: è facile e piacevole mettere al centro della propria vita la sua sequela in modo che essa sia il centro e la misura di tutto il resto, anche delle relazioni più naturali e forti come quelle familiari. Può essere veramente così? Non sembra proprio. Eppure le sue parole sono chiare e non si prestano a interpretazioni minimaliste.

Per cercare di capire, dobbiamo prestare attenzione alla preghiera che precede il suo invito: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli». "Queste cose" sono ovviamente tutto ciò che ha proclamato nel discorso del Monte, e tutto ciò che ha fatto finora: la guarigione dei lebbrosi e dei malati, la cacciata degli indemoniati, il richiamo alla vita della fanciulla e del giovane, la manifestazione della sua potenza sul vento e sul mare, essersi dichiarato signore del sabato...

Chi ha capito il suo messaggio e la sua opera? Hanno capito "i piccoli": il gruppo di persone che sta diventando "i suoi", credendo alla sua missione, e cominciando a condividerla.

I "sapienti e i dotti" sono invece coloro che lo contestano e che gli tendono tranelli: i farisei, gli scribi, i sacerdoti, i capi del popolo. Quelli che di poveri in spirito, di miti, di misericordiosi, di pacificatori, di giustizia... non vogliono nemmeno sentir parlare. Quelli che, per dirla con il profeta Zaccaria non credono a un re che arriva "cavalcando un asino". Vogliono il cavallo, il carro da guerra... Vogliono essere grandi e si credono grandi.

E allora arriviamo alle verifiche che oggi la Parola ci chiede di compiere.
La prima: siamo i "piccoli" che Dio ha messo in grado di capire, oppure siamo i "sapienti e i dotti"?
Ognuno nel suo intimo sa come cercare il materiale per la risposta.
La seconda: se umilmente abbiamo sempre cercato di essere "piccoli", questo impegno ci risulta "dolce e leggero", oppure un peso pesante e ingombrante? Cioè ci gloriamo di essere cristiani, o tiriamo avanti alla bene e meglio perché ci siamo trovati dentro?

Prima di rispondere, chiediamoci: c'è qualche risorsa che può rendere "dolce e leggero" l'impegno della fedeltà al Vangelo in realtà così faticoso? Ce ne sono due. La prima è una scelta libera e consapevole. Questa in tutti i campi può rendere bello e piacevole anche il carico più ponderoso. Pensiamo se Alex Zanardi fosse stato obbligato a fare sport dopo la perdita delle gambe... La seconda è la misericordia di Gesù che non ci invita ad andare da lui quando siamo in forma, freschi e pimpanti, come pretendono i nostri capi e capetti di quaggiù.


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