Fare tutto per la gloria di Dio

VI Domenica del Tempo Ordinario - Anno B - 2021

Dare gloria a Dio riconoscendolo, rispettandolo, difendendolo nelle sue creature.

I brani della prima lettura e del Vangelo, che ci parlano di lebbrosi nel pieno della pandemia da Covid-19 che sta causando tante preoccupazioni e tristezza, sembrano proprio scritti per noi, per farci meditare su come superare ogni soluzione "isolazionista" come al tempo di Mosè (il lebbroso «è impuro, se ne starà solo, abiterà fuori dell'accampamento»), e per accogliere quella "inclusiva" di Gesù che tende la mano, li tocca e li guarisce. Per la nostra riflessione ci facciamo guidare dall'esortazione di san Paolo: «Fratelli, sia che mangiate sia che beviate sia che facciate qualsiasi altra cosa, fate tutto per la gloria di Dio». Bellissima! Ma bellissima soltanto per le prediche, oppure anche come indicazione concreta di vita? È da chiarire, perché la concezione - sempre in agguato - della fede come momento confinato nella preghiera, nei riti e nelle opere di carità, può farcela risultare impossibile da praticare e perfino preoccupante: "Se tutto va fatto per la gloria di Dio, cioè preghiere, riti, elemosine... per noi cosa rimane? Che vita è senza un intenso e significativo vissuto personale, familiare, sociale? Non è una vita 'sacrificata', senza gioia, e per giunta anche con sensi di colpa per la consapevolezza di dire di sì alla parola di Dio, ma fare no?".

Sarebbe così se San Paolo ci chiedesse questo. Ma non è così. Come potrebbe? Egli è lo stesso del «chi non vuol lavorare neppure mangi» (2Ts 3,10). Per comprendere il suo appello è necessario chiarire cosa è la gloria di Dio. Per noi la gloria è quella del calciatore che prende il Pallone d'oro, del cantante che vince il festival di Sanremo, dell'atleta che conquista medaglie all'olimpiadi, del politico vincente... Dio non ha bisogno di questa gloria, perché ha già tutto alla massima misura, non deve conquistare niente. Quello che noi gli possiamo offrire è rendere presente, visibile, più estesa, la sua presenza tra noi, che significa non tanto ringraziarlo e lodarlo per la bellezza dei panorami e dei tramonti (anche questo è importante!), ma fare di tutto perché la sua gloria, cioè la sua bontà, la sua misericordia, la sua bellezza... sia riconosciuta, rivelata, testimoniata in tutti i suoi figli, perché, come afferma un Padre della Chiesa, sant'Ireneo: «la gloria di Dio è l'uomo vivente». Questo ci chiede l'Apostolo quando ci invita a fare tutto per la gloria di Dio – tutto! -, anche le cose più usuali e normali come il mangiare e il bere. È possibile "vivere" questo invito? L'apostolo risponde di sì, non con ragionamenti ma con la sua testimonianza: «Diventate miei imitatori, come io lo sono di Cristo».

Suoi imitatori e imitatori di Cristo - umilmente - come lui, perché è la vita di ogni cristiano, di ognuno di noi. Gesù ha portato tra noi la gloria di Dio e ha fatto tutto per la sua gloria con la sua parola, la sua testimonianza, i suoi segni. Il Vangelo di oggi ce ne ricorda uno: «venne da Gesù un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: "Se vuoi, puoi purificarmi!". Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: "Lo voglio, sii purificato!". E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato».

Fare tutto per la gloria di Dio vuol dire ascoltare, avere compassione, tendere la mano, toccare e sanare chiunque è «fuori dell'accampamento», e «in ginocchio», o fisicamente o moralmente o spiritualmente, chiede di rientrare. Questo non significa andare fare i santoni e i guaritori, ma donare tutta la nostra attenzione a coloro in cui la gloria Dio è umiliata, cancellata, disprezzata, o anche momentaneamente oscurata. "Tutto" quello che possiamo dare. A volte tanto, a volte di meno. A volte possono bastare la mascherina e il distanziamento.


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