Formazione del Lettore/6

Il ministero del lettore nella liturgia

Quando si riflette sull'attuale struttura della liturgia della Parola, non si mette mai sufficientemente in risalto che non si tratta, in assoluto, di una creazione della comunità cristiana. La Chiesa, infatti, ha ereditato tale struttura dalla liturgia sinagogale del popolo d'Israele.

La sua importanza teologica è, quindi, strettamente collegata alla consapevolezza che una simile celebrazione si radica all'interno della storia della salvezza e scandisce le sue tappe più importanti. La ritroviamo già durante l'esperienza dell'Esodo al momento della stipulazione dell'alleanza fra Dio e il popolo di Israele ai piedi del monte Sinai (cf. Es 1924). Compare anche nel libro di Giosuè al termine dell'insediamento nella terra di Canaan (cf. Gs 24; Dt 27) e nel secondo Libro dei Re al momento della grande riforma religiosa di Giosia in occasione del ritrovamento del Deuteronomio (cf. 2 Re 23; 2 Cr 34,20ss). In tutti questi casi, quando Dio convoca il popolo di Israele per rinnovare l'alleanza, ripropone il suo progetto salvifico e invita a fare memoria degli eventi del passato. L'alleanza viene suggellata con il sacrificio e il convito sacrificale, ma solo dopo che il popolo ha espresso la sua adesione alla Parola di Dio: «Mosè andò a riferire al popolo tutte le parole del Signore e tutte le norme. Tutto il popolo rispose a una sola voce dicendo: "Tutti i comandamenti che il Signore ha dato, noi li eseguiremo!"» (Es 24,3). In questa prospettiva dev'essere considerata anche la solenne convocazione liturgica di Esdra e di Neemia, subito dopo la ricostruzione del Tempio (cf. Ne 8-9), che riveste una particolare importanza per le tracce profonde che ha lasciato nella storia religiosa del popolo di Israele e per gli influssi che ha esercitato sull'origine e sul successivo sviluppo della liturgia sinagogale.

Nelle sinagoghe la liturgia della Parola si organizza in un modo sempre più preciso e meticoloso sulla base dello schema delle grandi liturgie dell'alleanza. La Parola di Dio era proclamata, in tutta la sua ampiezza, ogni sette anni in modo da dare a tutti la possibilità di rinnovare l'alleanza (cf. Dt 31,10-11). La lettura della Legge (successivamente distribuita secondo un ciclo triennale) e di tutti gli altri scritti dell'Antico Testamento, era intercalata dal canto dei salmi e seguita dall'omelia. Preparata da numerose formule di benedizione del nome di Dio, culminava nel canto del Sanctus e nella proclamazione dello Shemà (cf. Dt 6,4-9) e conclusa da 18 formule di benedizione, di cui le 12 centrali costituivano delle vere e proprie intercessioni.

Un evento sempre nuovo

pie discepole chiesa divin maestroL'importanza di una simile liturgia sta nel fatto che rappresenta un'esperienza nuova ogni volta che si compie. Non è, quindi, un rito che si ripete, ma un evento che si realizza in termini sempre nuovi. Altrettanto continua ad avvenire oggi ogni qual volta la Chiesa, con la struttura della liturgia della Parola, propone all'assemblea di rinnovare l'alleanza con il Dio della rivelazione biblica. La liturgia sinagogale che, inizialmente, aveva luogo solo il sabato, fu poi estesa anche al lunedì e al giovedì, perché la comunità israelitica non fosse priva per tre giorni di seguito dell'acqua della vita che è la Parola di Dio. Non c'è, quindi, da stupirsi se tale liturgia, attraverso la mediazione del Cristo e della primitiva comunità cristiana, è diventata, con il passar del tempo, una pietra angolare anche nello sviluppo del culto cristiano, come appare già da alcuni testi del Nuovo Testamento (cf. At 20,7-11; Col 3,16ss) e come è vistosamente sottolineato dalla testimonianza di Giustino nella sua Apologia.

La riforma liturgica del Concilio Vaticano II ha ridato valore e credibilità pastorale a tutti gli studi del passato che avevano posto in risalto la necessità di un recupero della liturgia della Parola per ridare slancio alla celebrazione dell'Eucaristia, come anche l'urgenza di far emergere le radici giudaiche dell'attuale struttura liturgica della proclamazione della Parola di Dio.

Il significato teologico. Per una più adeguata comprensione del significato teologico della struttura della liturgia della Parola, bisogna prendere le mosse da alcune puntualizzazioni. Queste evidenziano la novità e la profondità del servizio della Parola che si realizza nel contesto di un'assemblea, la quale si rende disponibile ad accogliere e a vivere il dono divino della Parola proclamata. Indubbiamente il fascino sempre suggestivo e intramontabile della proclamazione della Parola di Dio sta, soprattutto, nel fatto che essa è Parola di Dio. Non ha, quindi, la fragilità e l'ambiguità delle parole umane. Essa sfugge totalmente alla caducità delle parole attraverso cui l'uomo trasmette i suoi effimeri messaggi. La Parola di Dio ha una forza di persuasione e un'efficacia salvifica che nessuna parola umana può avere. Bisogna, quindi, convincersi che nella proclamazione liturgica della Parola biblica è Dio che parla al suo popolo (cf. OGMR 29). Si supera, così, quella barriera spaziotemporale che impediva all'uomo di mettersi in contatto con Dio. La stessa venerazione che la Chiesa ha sempre tributato alla Parola di Dio (cf. OLM 10) dipende proprio dalla consapevolezza che è Dio che parla quando nella Chiesa si proclama la sua Parola.

Brano tratto dall'articolo: La struttura della liturgia della Parola, di Emmanuela Viviano, in: La Vita in Cristo e nella Chiesa, mensile di formazione liturgica e informazione, N. 8, ottobre 2017. 

 

copertina vita in cristo ottobre 2017La Vita in Cristo e nella Chiesa n.8
ottobre 2017

Ottobre è il mese che segna l'inizio di un nuovo anno pastorale. Le rubriche mostrano i segni della ripresa e della continuità dando attenzione alle famiglie, ai giovani sposi ai bambini e ragazzi inseriti nell'azione simbolico-rituale della Chiesa. alla commemorazione dei 500 anni della Riforma.

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