Gesù piange con noi e per noi

V Domenica di Quaresima - Anno A - 2023

Credere nella vita eterna, rispettando quella terrena.

Nessuno può sfuggire al dolore per la morte di una persona cara, e alla compassione e al conforto dei familiari e degli amici che la piangono. Anche Gesù ha vissuto questa esperienza in maniera profonda e drammatica. Di fronte al disappunto di Marta, la sorella del morto: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!»; vedendo piangere Maria, l’altra sorella di Lazzaro, e i Giudei che erano venuti a consolarla, «Gesù scoppiò in pianto». Non un pianto discreto, trattenuto, ma dirotto. Non c’è chi non sappia immaginarlo per averlo visto o provato. Perché il pianto di Gesù? Per la morte dell’amico Lazzaro - i Giudei: «Guarda come lo amava!» - ma la sua forte commozione è provocata dal dolore di coloro che piangono. Gesù si era incontrato con la morte in altre due occasioni, dimostrando «compassione» quando aveva “risvegliato” la figlia di Giàiro (Mc 5, 35-42); e «grande compassione» quando aveva “restituito” il figlio alla vedova di Nain (Lc 7, 11-15). In quelle situazioni, però, era apparso padrone della situazione, in grado di comandare alla morte di restituire le sue prede. A Betania no. Pur consapevole di questo suo potere – aveva detto ai discepoli: «Lazzaro, il nostro amico, s’è addormentato; ma io vado a svegliarlo» - piange nel vedere il dolore che la morte porta con sé. E il suo pianto dirotto è per noi di grande consolazione.

In Gesù, Dio piange con noi

Gesù è «l’immagine del Dio invisibile» (Col 1,15), che «nessuno mai ha visto» (1 Gv 4,12). Perciò, per sapere come pensa e agisce l’unica nostra possibilità è scoprirlo nella sua immagine: Gesù. Il suo pianto di fronte alla morte è quindi anche il pianto di Dio. Questa verità ci aiuta a superare la convinzione insidiosa che sia Dio a mandare la morte, decidendo il quando, il come, il chi; e a credere che, nonostante le apparenze, la morte non sia la triste fine di tutto, ma il doloroso passaggio alla vita per sempre, assicurata da Gesù: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno».

Da dove viene la morte?

Non è affatto facile credere che Dio partecipa al dolore della morte e piange con noi, perché, se Dio partecipa al nostro dolore per la morte, perché l’ha creata, e perché essa è così straziante e dolorosa? Già, perché? Non c’è risposta capace di soddisfare i nostri interrogativi. Rimane la sua parola che assicura: «Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi. Egli infatti ha creato tutte le cose perché esistano» (Sap 1,13-14); egli «ha creato l'uomo per l'incorruttibilità, lo ha fatto immagine della propria natura» (Sap 2,23), permettendo misteriosamente che essa entrasse nel mondo con il peccato (Rm 5,12). Rimangono le parole di Gesù a Marta: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno». Sì, anche dal nostro sepolcro verrà tolta la pietra.

Combattere e consolare

La morte è nostra nemica, perciò va combattuta. Non possiamo vincerla, ma possiamo contrastarla, evitando comportamenti che la favoriscono. Tantissimo, poi, possiamo e dobbiamo fare, sia a livello personale che sociale, per consolare coloro che ne sono colpiti. Chi non ricorda amaramente il tempo del Covid, quando genitori, figli, amici hanno lasciato questa terra senza una mano da stringere, né una parola di conforto? Promuovere in tutti i modi possibili l’assistenza a coloro vivono il passaggio, e impegnarsi per ottenere le cure palliative (l'insieme di cure, non solo farmacologiche, volte a migliorare il più possibile la qualità della vita sia del malato in fase terminale che della sua famiglia) non è politica, ma carità cristiana. Gesù, che ha avuto compassione dei colpiti dalla morte e ha pianto per il dolore che essa procura, nell’agonia dell’Orto degli Ulivi ha manifestato il bisogno di conforto, chiedendolo ai discepoli: «La mia anima è triste fino alla morte; restate qui e vegliate con me» (Mt 26,38), rammaricandosi per non averlo ottenuto: «Non siete stati capaci di vegliare con me una sola ora?» (Mt 26,40), ci assicura il suo conforto, e chiede la disponibilità del nostro.


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