Mandati anche noi e anche oggi a predicare la conversione.
Immaginiamo di essere protagonisti della scena della Ascensione di Gesù che stimola la fantasia, la nostalgia e anche un po’ di tristezza. Questi uomini e queste donne, che hanno vissuto fin dall’inizio con Gesù, o che si sono aggiunti durante il percorso, dalle parole del maestro intuiscono che sta per accadere qualcosa di grandioso, magari la ricostituzione del regno di Israele, come gli chiedono, ma non sanno però cosa e in quale direzione. Gesù sembra rinunciare a spiegare di nuovo ciò che altre volte aveva cercato di fare intendere, e non risponde direttamente alla domanda che a essi interessa, però li rassicura: «riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samarìa e fino ai confini della terra». Ed ecco che, mentre parla, una nube - un segno biblico della presenza di Dio in quel luogo e in quel momento - lo sottrae agli occhi dei discepoli, lasciandoli incantati a guardare il cielo, finché due uomini in bianche vesti li sollecitano a rientrare nella realtà: «Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo?». Essi allora tornarono a «Gerusalemme con grande gioia; e stavano sempre nel tempio lodando Dio».
La grande gioia con cui i discepoli tornano a Gerusalemme indica che avevano capito, per lo meno intuito, che il distacco di Gesù non era un abbandono, ma la condizione per rimanere accanto a loro. Infatti, se non fosse salito in cielo, sarebbe rimasto come noi sottomesso allo spazio – minuscolo: la Palestina – e al tempo ancora più minuscolo: trentatré anni – e non avrebbe potuto accompagnarli sulle strade del mondo a predicare a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, «tutti i giorni, fino alla fine del mondo». Fino a noi.
A Gerusalemme, ci sarebbe voluta una forza molto più potente di quella dei «due uomini in bianche vesti» per spingerli lungo le strade del mondo: lo Spirito Santo nel giorno di Pentecoste. Con essa, vedendo che la terra aveva bisogno di cielo, sciamarono sulle sue strade per preparare il ritorno di Gesù.
Ci siamo esortati a immaginarci presenti nella scena dell’Ascensione, ma in realtà siamo veramente lì, perché anche noi siamo destinatari della consegna di predicare a tutti i popoli la conversione, essendo stati battezzati «in Spirito Santo», e perciò pronti alla missione. Ma ci stiamo andando davvero per le strade a portare il Vangelo come fece quel piccolo gruppo di uomini e donne? Nel giro di pochi decenni il cristianesimo si diffuse in modo così straordinario, arrivando perfino nei palazzi degli imperatori, che gli storici non sanno spiegarsi come possa essere accaduto. Il confronto con oggi non può che rattristarci. Forse allora si era stanchi della corruzione, dell’arroganza del potere, della violenza, della disparità tra pochi ricchi e molti poveri… e si era in attesa di un vento nuovo che parlasse di giustizia, carità, pietà, misericordia, libertà… e le testimoniasse non solo con le parole ma anche fino al martirio? Anche oggi, però, in un paganesimo non soltanto praticato, ma osannato come novità e rivalsa sul vecchiume del Vangelo c’è bisogno di aria nuova. Perché allora il miracolo non si ripete?
In realtà – anche per consolarci un po’ – bisogna riconoscere che negli ultimi decenni, la Chiesa, stimolata da Papi eccezionali è molto uscita dal tempio per andare sulle strade. Ma resiste una mentalità maturata nei secoli e da secoli, per la quale il Vangelo va predicato da specialisti (preti, frati, suore…) e da volenterosi che li supportano, non da tutti. Invece la consegna di Gesù salito al cielo è a tutti coloro che aspettano il suo ritorno e lo testimoniano per le strade che percorrono.
“Allora dobbiamo lasciare lavoro e famiglia per andare a predicare?”. Ecco la solita obiezione che induce al “ci devono pensare i preti e quelli che hanno il tempo e la voglia di aiutarli”. Errore! Benedetto XVI diceva, come amava ripetere anche papa Francesco che: «la fede si trasmette per attrazione». Per attrarre non occorre andare, lasciare, parlare… basta sapere ciò che si deve essere ed esserlo.