I pensieri di Dio contro il nostro conformismo

XXV Domenica del Tempo Ordinario - Anno A - 2020

Nella vigna del Signore non conta chi dà di più, ma chi dà tutto quello che può dare.

"Oracolo del Signore" è un inciso che sentiamo spesso come una specie di ritornello, quando ascoltiamo la proclamazione della parola di Dio, soprattutto nei brani dei profeti. Non gli diamo molta attenzione, anzi risulta quasi fastidioso, perché interrompe il senso del discorso, invece è un inserto molto importante. È un segnale del profeta: quello che state ascoltando non è parola mia, ma qualcosa comunicata a me direttamente da Dio. È anche un avvertimento: "Attenzione! Ascoltate bene perché adesso è Dio che parla attraverso di me". Diamo, allora, importanza all'oracolo presente nella prima lettura di questa domenica, dal profeta Isaia, particolarmente spiazzante e impegnativo: «I miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie. Oracolo del Signore. Quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie, i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri».

I pensieri di Dio non sono i nostri? E chi non lo sa? La nostra fede non rischia di essere il tentativo di rovesciare la situazione, convincendo Dio a pensarla come noi e a camminare come noi? Cosa sono tante nostre preghiere se non la richiesta che i nostri pensieri diventino i nostri?

Gesù conferma l'oracolo di Isaia con la parabola dei lavoratori nella vigna, che chissà quante volte abbiamo sentito commentare e quante volte abbiamo meditato, ma sempre con difficoltà ad accettare. Infatti, letta secondo i "nostri pensieri" sembrerebbe un episodio di caporalato, dove un padrone arrogante dispone delle persone secondo il suo interesse e il suo capriccio, senza rispettare le norme della giustizia sociale. Se fossimo stati noi gli operai fin dall'alba, o anche quelli dal mezzogiorno o dalle tre, non avremmo ritenuto affatto giusto ricevere la stessa paga di quelli dalle cinque, e avremmo condiviso la protesta: «Questi ultimi hanno lavorato un'ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo». Non avremmo nemmeno accettato la conclusione della parabola: «gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi». Che gusto c'è a partecipare a una gara senza il riconoscimento di chi arriva primo?

Accolta come "oracolo del Signore", secondo i pensieri di Dio, la parabola di Gesù cambia completamente. Il padrone della vigna che attraversa continuamente la piazzetta, che il racconto fa immaginare, non cerca operai per la sua vigna da sfruttare senza tenere conto dei loro diritti, ma persone di ogni età e condizione che non siano lasciate lì «tutto il giorno senza fare niente». Protagonisti della parabola non sono gli operai delle diverse ore, ma il padrone che li va a cercare in ogni ora del giorno. E il denaro dato a ciascuno, sia ai primi che agli ultimi è giusto, perché per lui non conta chi ha riempito più ceste di grappoli – visto che siamo giusto in tempo di vendemmia – ma chi ha raccolto tutti quelli che era in grado di raccogliere. La parabola non è uno stimolo a confrontarci tra di noi per verificare se gli altri sono più o meno bravi, o per cercare di essere i più bravi, ma un invito a dare tutto quello che possiamo dare secondo le nostre forze, senza invidia per quelli che sono più avanti, e senza superbia verso quelli che sono più indietro. Non siamo chiamati a fare una gara, ma a dare quello che possiamo secondo le nostre forze, secondo la nostra situazione, magari a volte fin dall'alba, altre volte soltanto dal pomeriggio, consapevoli che il compenso sarà sempre giusto.

Ma cosa significa lavorare nella vigna del Signore? Le risposte possono essere tante. San Paolo ne indica una che le riassume tutte, evitando di scendere nelle ricette, e lasciando a ciascuno il compito di tradurla nella concretezza della propria vita: «comportatevi in modo degno del vangelo di Cristo», cioè vivete tutto quello che compone i vostri giorni secondo «i pensieri di Dio» diversi da quelli che vanno per la maggiore e sono di moda. In una società sempre più conformistica che venera come semidei gli influencer, personaggi con il compito di indurre gli altri, non per convinzione ma per imitazione, a desiderare cose alle quali prima non avevano mai pensato, e ad acquisire comportamenti a cui prima non erano mai ricorsi, seguire i pensieri di Dio che vanno sempre controcorrente fa bene non soltanto alla fede, ma anche all'intelligenza.


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