La parola di Dio di questa domenica si concentra intorno a una consegna e a una promessa. Nel vangelo, Gesù, dopo aver cercato in tutti i modi di rassicurare i suoi di essere veramente risorto, non essere un fantasma o un'apparizione ingannevole, ma lo stesso che aveva vissuto con loro, lascia una consegna: "Di questo voi siete testimoni".
Nel brano degli Atti, Pietro, ormai senza più dubbi, cerca di convincere il popolo che il Santo e il Giusto rinnegato e mandato a morte, è risorto, e conclude: "Noi ne siamo testimoni". Non ci possono essere parole più chiare di queste per affermare qual è il nostro compito di cristiani: essere testimoni della risurrezione di Gesù, cioè che la nostra vita, liberata dai peccati dal perdono che il Risorto ha reso possibile, non è destinata a scomparire qui, ma a continuare nella vita per sempre.
Sono ormai molti anni, praticamente dalla fine del Concilio Ecumenico Vaticano II, grazie al provvidenziale ritorno alla parola di Dio, che ci ripetiamo questo compito, cercando di superare una fede ripiegata su se stessa, poco consapevole del dovere della testimonianza per la conversione, ritenendo che ormai tutti erano più o meno convertiti. Questa trasformazione, però, è ancora lontana dall'essere passata dai documenti e dalle prediche alla vita concreta del popolo cristiano. Dobbiamo continuare in questo percorso, per arrivare a far sì che ogni cristiano, oltre le preghiere, la Messa domenicale, qualche opera buona, senta il bisogno di testimoniare che Cristo è risorto là dove vive, e con tutti quelli che incontra.
Per raggiungere questo scopo, è necessario riuscire a storicizzare questa consegna di Gesù, a dare cioè concretezza all'impegno di testimoniare che Gesù è risorto. Questo comporta una comprensione più adulta della fede, e la capacità di confrontala con la realtà storica nella quale si è chiamati a testimoniarla; a osservare, direbbe l'evangelista Giovanni, i suoi comandamenti in modo tale da poter dire in modo veritiero e credibile : "Lo conosco".
Proviamo allora a domandarci quali sono le modalità concrete per una testimonianza cristiana oggi. Lo sguardo sulla nostra attuale società, afflitta da una corruzione generalizzata e pervasiva, aggravata e in parte prodotta da una cultura (o sottocultura) dominata dal relativismo, che non vuole la distinzione tra il bene e il male, e che quando il male (come la corruzione) si manifesta lo spiega protestando che non ci deve essere, impone il bisogno di ricostruire in maniera creativa la comunità degli Atti, cioè una comunità di credenti che sappia proporsi e farsi riconoscere con una vita alternativa. Siamo sinceri: una comunità così oggi non esiste più. C'è una folla di cristiani, ancora molto numerosa, che frequenta i sacramenti con più o meno assiduità e convinzione, ma che poi, nelle incombenze di ogni giorno si confonde con l'andazzo di tutti.
Per avviare queste comunità "testimone" è necessario puntare con tutte le energie a cristiani adulti e adulti nella fede. Sono decenni che abbiamo concentrato tutte le forze nella catechesi dei bambini, con la speranza di "attirare" attraverso di essi i loro genitori, appartenenti a una generazione prodotta dal '68, se non scristianizzata, sicuramente lontana dalla pratica religiosa.
Come realizzare questa conversione? I mezzi e le strategie sono tutte da individuare. Una cosa, però, possiamo e dobbiamo farla tutti: rendere più adulta e consapevole la fede di ciascuno di noi. C'è una constatazione, infatti, difficile da spiegare: uomini e donne che hanno accettato le innumerevoli novità degli ultimi decenni (televisione, elettrodomestici, cellulari, internet...) che però dal punto di vista della fede insistono a voler andare avanti con quello che hanno fatto sempre, rifiutando ogni impegno di approfondimento e di rinnovamento. E' necessario superare questa barriera.