Il coraggio di essere santi

VII domenica del Tempo Ordinario - Anno A - 2023

Il Vangelo chiede rinunce non per perdere, ma per guadagnare.

«Avete inteso che fu detto: “Occhio per occhio e dente per dente”. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu porgigli anche l’altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due». A queste conosciutissime parole di Gesù si può reagire in diversi modi: 1. respingerle come fanatiche, illusorie e ingannevoli; da mettere da parte senza nessuna considerazione. 2. Prenderle simpaticamente come paradossali, per mettere in risalto, con barzellette, vignette (c’è anche un film: Porgi l’altra guancia, con Bud Spencer e Terence Hill) quello che succede nella realtà. 3. Accoglierle come autentiche parole di Gesù, però da non prendere alla lettera, bensì come indicazioni da abbassare al nostro livello. 4. Prenderle sul serio come parola di Dio, consapevoli della distanza tra esse e la nostra mentalità, ma riconoscendo che la loro pratica permetterebbe di realizzare ciò che, magari inconsciamente, tutti desiderano: una vita in pace, serena, libera dai veleni della gelosia, dell’invidia, della prepotenza, della violenza.

La soluzione accomodante

Per noi è già difficile portarle al nostro livello, cioè addolcirle e addomesticarle, ma fino lì possiamo arrivarci, però senza fretta: “Perdonerò, ma non subito”; o con aggiustamenti arditi: “Perdono e non porto rancore, però per me sono come se non esistessero”. Purtroppo la soluzione accomodante non trova spazio nelle intenzioni di Gesù. Sappiamo quanto il Signore sia contrario alle decisioni incerte e alle mezze misure nel parlare: «Sia il vostro parlare: “sì, sì, no, no”» e tanto più nel fare: «Seguimi, e lascia che i morti seppelliscano i loro morti» (Mt 8,22).

L’accoglienza umile e fiduciosa

Per rispondere alle proposte di Gesù compiutamente, non rimane che accoglierle, pur consapevoli della debolezza della nostra fede, come un percorso che ogni giorno ci impegna a crescere nella capacità di abbandonare i nostri pensieri per accogliere quelli di Dio, le nostre vie per seguire le sue vie (Is 55,8). Questo impegno a costruire sulla sua parola, pur tra cadute, deviazioni, abbandoni, una vita in pace, serena, libera dai veleni della gelosia, dell’invidia, della prepotenza, della violenza, significa obbedire al comando di Dio: «Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo».

Santi non è troppo per noi

La richiesta di Dio a essere santi preoccupa e intimorisce forse più dell’invito di Gesù a porgere l’altra guancia, sia perché si intuisce che questo cammino in santità è decisamente impegnativo, sia perché alla parola “santi” abbiamo abbinato il significato di vite eccezionali, possibili soltanto a “campioni” della fede, per l’appunto i santi. Non è così. Gli Israeliti ai quali Dio si rivolgeva non erano “campioni” di fede, ma credenti incerti e altalenanti come noi. E coloro a cui Gesù chiedeva: «Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste» - cioè siate santi - erano i discepoli che faticavano a capirlo e a seguirlo. “Santo”, che comunemente viene inteso come colui che ha l’aureola in testa, significa “separato”. Essere santi vuol dire essere separati dal male come lo è Dio.

Santi nel quotidiano

Separarsi dal male richiama subito un’operazione in negativo, cioè una sequenza di rinunce. Queste sicuramente non mancano, ma vengono compiute non per perdere ma per guadagnare, per essere degnamente «tempio di Dio e abitazione dello Spirito». Belle frasi? Facile retorica? Traguardi impossibili? No. Tutte operazioni alla nostra portata: pensieri, parole, gesti che separano dal male, e costruiscono il bene. L’apostolo Paolo nella lettera ai cristiani di Filippi (4,8), le specifica: «quello che è vero, quello che è nobile, quello che è giusto, quello che è puro, quello che è amabile, quello che è onorato, ciò che è virtù e ciò che merita lode». Questi beni, fatti oggetto dei nostri pensieri, realizzano il «siate santi» che Dio chiede.


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