Il coraggio di scommettere

V domenica del Tempo Ordinario - Anno C - 2022

Oggi come sempre e più di sempre la fede è scegliere tra “le parole” e “la Parola”.

Sulla sponda del lago, i pescatori lavano le reti, dopo una notte passata a pescare senza aver preso nulla. La scena è umanissima e attualissima. Chi non si è trovato a lavare malinconicamente le reti dopo avere faticato tanto e non avere ottenuto nulla? Ed ecco che arriva un Maestro, un predicatore, che chiede ai pescatori di scostare una barca un po’ da terra per permettergli di farsi ascoltare da una grande folla. “Ci mancherebbe! Le barche stanno lì inutilizzate!”. E il Maestro parla. Cosa dice, cosa insegna, per quanto tempo? A noi viene spontaneo pensare che nei tre anni di vita pubblica Gesù abbia detto e fatto soltanto ciò che gli evangelisti ci hanno tramandato, magari anche nell’ordine in cui ce l’hanno riferito. Non è così. Gli episodi che noi conosciamo sono una sintesi di quello che egli ha predicato continuamente. Perciò cosa avrà insegnato il Maestro in quel giorno dalla barca? Sicuramente quello che predicava – come scrive l’evangelista Luca – quando «se ne andava per città e villaggi, predicando e annunciando la buona notizia del regno di Dio» (Lc 8,1). Anche quel giorno avrà parlato del “regno di Dio”. Come ne avrà parlato? Con la parabola della pecorella smarrita? Con il buon samaritano? Con il fariseo e il pubblicano al tempio? Con le polemiche severissime contro gli scribi e i farisei? Con le beatitudini?... Non abbiamo il “virgolettato”, ma sicuramente è andata così.

Sappiamo invece, con certezza, che quell’insegnamento colpì Simone profondamente, da lasciarlo quasi rapito. Come avrebbe potuto, altrimenti, da pescatore esperto, da professionista che conosceva le abitudini dei pesci e i segreti del lago, per giunta stanco e deluso dopo un’inutile notte di lavoro, dare ascolto a un Maestro che gli diceva: «prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca», quando non era il tempo di gettarle? Figurati! Lo avrebbe invitato “bonariamente” a portare altrove le sue chiacchiere. Invece: «sulla tua parola getterò le reti». E tanto meno, poi, avrebbe lasciato tutto per seguirlo. Casa sarà successo? Quelle parole arrivategli dalla sua barca, gli hanno fatto intravvedere un’esistenza diversa, un mondo nuovo, una verità più vera e sicura della sua esperienza di pescatore: oltre al lago, al lavoro, alle notti generose di pesci e a quelle piene di nulla, c’è il regno di Dio, che cerca “pescatori” che, al seguito di quel Maestro, lo facciano emergere. Per questa realtà misteriosa, sì, vale la pena di scommettere. E «tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono».

Quelle parole dalla barca sono le stesse che arrivano anche a noi. Le sentiamo e le conosciamo da sempre, ma cosa producono in noi? Se fossimo stati noi i pescatori di quel lago e di quella mattina, probabilmente avremmo applaudito il “conferenziere”, però saremmo rimasti lì a riempirci delle nostre parole: “abbiamo sbagliato l’ora”, “non abbiamo indovinato il posto”, “questo lago non è più quello di una volta”, “i grandi pescherecci si prendono tutto, noi piccoli dobbiamo trovare il modo di farci rispettare”, “non si può andare avanti con questo inquinamento”, “bisogna aprire un tavolo”, “non bisogna abbassare la guardia”, “la colpa è dei...”. Pietro e i suoi amici invece «lasciarono tutto e lo seguirono». Noi no, perché per noi - non facendoci vedere il Signore, come ha fatto con loro, le nostre reti riempirsi di tanti pesci quasi da rompersi - la fede diventa una scommessa, troppo ardua e l’azzardo troppo rischioso. Cioè diventa esattamente quello che la fede è: una scommessa. Senza il coraggio di scommettere “le parole dalla barca” non scuotono, perché diventano come le nostre, con le quali le teniamo insieme, le mescoliamo, alternandole: a volte più sulle nostre parole, altre volte un po’ di più sulla Parola. Naturalmente senza lasciare le reti. E dove andremmo? Poi se perdessimo anche quello che abbiamo? Allora, invece di accogliere la voce dalla barca che ci invita a lasciare tutto, ci barcameniamo.

Barcamenarsi tra le parole o scommettere sulla Parola? Questa è la decisione che la fede come sempre chiede. Non in astratto, ma davanti ai problemi e alle situazioni. In questa domenica, come ormai è tradizione, la Chiesa italiana celebra la 44ma Giornata Nazionale per la Vita con un messaggio che invita a “Custodire ogni vita”. Non limitiamoci a commentarlo e a lamentarci di coloro che predicano il contrario. Scommettiamo sul valore della vita sempre e testimoniamolo.


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