Il dito che ci scrive dentro

V Domenica di Quaresima - Anno C - 2022

Vivere ogni giorno come nuovo, invocando e donando misericordia.

Nei Vangeli sono tanti i gesti di Gesù che sfuggono a letture e ad ascolti sbrigativi. È un errore trascurarli, perché il linguaggio del corpo rivela e svela le persone più delle parole. Vedi i riferimenti allo “sguardo” di Gesù: paziente con i dodici perplessi di fronte alle sue proposte (Mt 19,26); liberante con Zaccheo nascosto sul sicomoro (Lc 19,5); misericordioso con Pietro che lo ha rinnegato (Lc 22,61); indignato con i farisei che si rifiutano ostinatamente di capire. Non meno interessanti sono i riferimenti alla sua “mano”: tenera con la fanciulla dodicenne (Lc 8,54); amichevole con il cieco di Betsaida (Mc 8,23); rassicurante con il lebbroso (Mt 8,2). Tutti hanno un contenuto che va più in là del significato letterale delle parole. Un esempio: la precisazione frequente che Gesù, come prima di annunciare le Beatitudini (Mt 5, 1), si siede. Cosa c’è di più usuale e banale del mettersi seduto? Perciò perché riferirlo? Perché è il gesto del maestro che insegna con autorità. Per questi motivi è importante riflettere anche sul gesto misterioso che Gesù ha compiuto una volta sola, quando gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la misero in mezzo, gli esposero il fatto «per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo», e gli chiesero: «Tu che ne dici?».

Il dito che scrive per terra

«Tu che ne dici?». La domanda è chiaramente una provocazione, come dire: “Non sarai mica in disaccordo con Mosè e la Legge?”. Gesù non risponde a parole, si china e comincia a scrivere con il dito per terra. Cosa significa questo gesto? Non c’è una interpretazione chiara e condivisa, ma un messaggio deve esserci, perché nei Vangeli nessun particolare narrativo è senza un significato più profondo dell’apparenza. Una spiegazione condivisibile è che il gesto sia la premessa alle parole che verranno: ricordare che, “creati dalla terra, siamo di terra, perciò deboli e soggetti a sbagliare. Tutti! Come la donna. La differenza è che lei è stata scoperta, voi siete riusciti a nascondere i vostri errori, a far finta di niente, a rimuoverli”.
In realtà il dito che si muove per terra scrive nelle loro coscienze, le risveglia, le mette a nudo, così che Gesù può rispondere con parole che sfidano le coscienze: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei», e il suo dito che riprende a scrivere per terra produce un gesto di inaspettata consapevolezza: «quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani».
“Quelli” non sono soltanto gli scribi e i farisei di allora, ma anche noi, come essi invitati dal nostro essere “dalla terra e di terra” alla consapevolezza della nostra debolezza, della nostra facilità a peccare, della necessità di essere sempre disposti a chiedere e a dare perdono. Ogni volta che abbiamo voglia di scagliare pietre, quel dito scrive dentro di noi: “misericordia”. Da invocare e da donare.

Ma non peccare più 

Bellissimo e confortante quel «nessuno ti ha condannata, neanch’io ti condanno». Giustissimo l’invito a non tirare le pietre (soprattutto quando il bersaglio potremmo essere noi!) Tutto, però, diventa vuoto e sterile se il finale di Gesù: «Va’ e d’ora in poi non peccare più», viene sostituito da quello che va per la maggiore: “Vai tranquilla, non è successo niente. La colpa è della infanzia difficile, di un raptus”; e anche peggio: “Un’altra volta fatti furba, valuta meglio le situazioni, controlla se ci sono telecamere in giro”. Un finale così non è misericordia ma buonismo, cioè la maschera della bontà e della misericordia, che allarga le maglie della irresponsabilità e della incoscienza. Gesù è misericordioso con il peccatore, ma non con il peccato. Questo è ciò che chiede a noi.

Convertiamoci! 

Ed ecco che il racconto del Vangelo diventa un forte e serio richiamo a fare della Quaresima un cammino di conversione, ascoltando il Signore che invita a vivere ogni giorno come nuovo: «Non ricordate più le cose passate, non pensate più alle cose antiche! Ecco, io faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?». La cosa nuova che germoglia proprio ora è ogni giorno, vissuto - come raccomanda san Paolo - dimenticando ciò che ci sta alle spalle e protesi verso ciò che ci sta di fronte, correndo verso la mèta, al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù.


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