Il dito che scrive nell'anima

V Domenica di Quaresima - Anno C - 2019

Perdono e misericordia, non relativismo e buonismo.

La scena è straordinaria. Farisei e Scribi arrivano trascinando una donna. Si fanno largo tra il "popolo" che nel tempio sta ascoltando Gesù. Si dispongono in cerchio davanti al maestro. Spingono nel mezzo la donna sorpresa in "flagrante adulterio". Lo sfidano a dichiarare pubblicamente se è con Mosè o contro di lui. Gesù, sembrando non voler raccogliere la sfida, si mette "a scrivere col dito per terra". E qui scatta la curiosità: cosa avrà scritto? Avrà scarabocchiato dei ghirigori come si fa quando si ascolta una conferenza? Avrà compiuto un gesto per scaricare la tensione, ma senza significati particolari? No, non può non avere un significato, perché è intenzionale: Gesù si china proprio per scrivere per terra, e lo fa anche una seconda volta. Cosa avrà scritto, allora? Non parole o addirittura frasi, sia perché la terra non sarebbe stato il supporto adatto. Allora? Forse la risposta sta in ciò che quel gesto provoca.

«Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei», dice Gesù. A queste parole, Scribi e Farisei rimangono impietriti, tacciono e guardano Gesù che si china di nuovo a scrivere per terra. Poi, senza dire niente, se ne vanno «uno per uno, cominciando dai più anziani».

Cos'è accaduto dentro di loro? Essi, che si presentavano al popolo come i "senza peccato", perché rispettavano anche le minuzie della Legge, andandosene, riconoscono pubblicamente di essere peccatori. Cos'è che li ha portati a questa presa di coscienza assolutamente imprevista? E se fosse stato quel dito che apparentemente scriveva per terra, ma in realtà dentro le loro coscienze, smascherando la loro ipocrisia di duri e puri? Credo che sia andata così. D'altronde, quando ci confrontiamo con la Parola, essa non "scrive dentro di noi" per farci conoscere chi siamo nel profondo, al di là delle apparenze e delle finzioni? Quel dito non scrive anche dentro di noi quando chiede di abbandonare il giudizio e la condanna, per lasciare il posto al perdono e alla misericordia?
Accogliamo, perciò, questo messaggio meraviglioso che allarga il cuore: non le pietre del giudizio e della condanna, ma le carezze del perdono e della misericordia, che oggi trova grande e generalizzata accoglienza anche in chi non fa riferimento al vangelo di Gesù.

Ma il racconto non finisce qui.
Allontanatisi i "falsamente" duri e puri, Gesù, rimasto «solo, con la donna là in mezzo» – chiede - «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch'io ti condanno; va' e d'ora in poi non peccare più».
"Va' e d'ora in poi non peccare più". Ahi ahi! Perché questa conclusione? Non è di troppo? Non rovina la bellezza del racconto, mettendosi in contrasto con la "solare" e dominante cultura relativista e buonista di oggi?

Questa conclusione è quella che dà senso e verità al racconto.
Il relativismo (che male c'è nel fare ciò che piace e che fanno tutti?) e il buonismo (sì, ha sbagliato, ma, bisogna capire. Tranquilli! Non è successo niente!) sono la maschera del perdono e della misericordia, che non aprono il cuore, ma spazi sempre più preoccupanti alla irresponsabilità e alla incoscienza, che poi si cerca di tamponare con più forze dell'ordine, con più telecamere spione, con ronde di volontari, con armi in casa. Il messaggio di Gesù è comprensione e misericordia con il peccatore, non con il peccato.
Questo è ciò che chiede questa domenica che porta verso la conclusione il cammino quaresimale. Per rinnovarci con Dio che fa sempre cose nuove, dobbiamo riconoscerci bisognosi di perdono e di misericordia, e non peccare più. San Paolo aveva questo progetto di vita: «Dimenticando ciò che mi sta alle spalle e proteso verso ciò che mi sta di fronte, corro verso la mèta, al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù». Facciamolo nostro!


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