Il dono di vedere e toccare per credere

II Domenica di Pasqua - Anno A - 2017

In questa seconda domenica di Pasqua siamo chiamati a sperimentare la beatitudine di coloro che, pur senza aver visto il Signore Risorto, hanno creduto, perchè hanno comunque "toccato" testimoni persone e comunità del suo amore.

"Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!", dice Gesù a Tommaso, che gli ha dichiarato il suo: «Mio Signore e mio Dio!», dopo aver visto i segni di chiodi, e aver toccato le ferite della mani e del costato. Noi siamo tra coloro che credono senza averlo visto, perciò il "beati" di Gesù è anche per noi.

"Voi lo amate, pur senza averlo visto e ora, senza vederlo, credete in lui. Perciò esultate di gioia indicibile e gloriosa". Così San Pietro loda i cristiani che pur senza averlo visto e senza vederlo credono in lui. Noi siamo tra coloro che hanno creduto in lui senza averlo visto e senza vederlo, perciò l'elogio di Pietro è anche per noi.

E' un grandissimo dono essere destinatari del "beati" di Gesù e della lode di san Pietro, perché credere nella sua risurrezione senza averlo visto è molto difficile. Ne era consapevole lo stesso Gesù che, comparendo ai discepoli la sera del giorno di Pasqua, non li rimprovera per la poca fede che avevano dimostrato, ma, anzi, dona loro lo Spirito Santo e il compito di perdonare i peccati. Non basta! Ritorna tra loro dopo otto giorni per ottenere la fede di Tommaso – e per rafforzare quella degli altri dieci – facendogli toccare le sue ferite. Ne era consapevole anche san Pietro che elogiava coloro che avevano creduto in lui pur senza averlo visto, però, nel contempo li esortava a conservare la gioia anche se "afflitti da varie prove", senza essere consolati e confortati dalla sua presenza.

Sì, è difficilissimo credere senza vedere e toccare.
Come mai, allora, noi così deboli, anche se tra dubbi e crisi, ci siamo riusciti? Cosa abbiamo più di tantissimi nostri amici, molto più bravi e meritevoli di noi, per essere tra i "beati" di Gesù e gli elogiati di Pietro? Sicuramente non è stata una questione di fortuna, perché i doni di Dio non arrivano con la lotteria. E non può nemmeno essere stato un privilegio, perché Dio non fa preferenze di persone. Allora? Non rimane che una possibilità: abbiamo incontrato qualcuno che è stato per noi le ferite delle mani e del costato di Gesù.

Infatti, se risaliamo ai motivi che non ci hanno fatto abbandonare la fede ricevuta da bambini, oppure che ce l'hanno fatta ritrovare dopo anni di abbandono o di lontananza, scopriamo che all'origine della nostra decisione ci sono persone, o gruppi, o comunità che, vivendo "perseveranti nell'insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere" come i cristiani di Gerusalemme, per noi sono stati le ferite delle mani e del costato di Gesù da poter vedere e toccare.

Questa domenica, allora, chiamata da Giovanni Paolo II "della divina Misericordia", nella quale anticamente i nuovi battezzati deponevano le vesti bianche del rito per vivere il battesimo con gli abiti della quotidianità, deve essere una accorata e fiduciosa invocazione alla misericordia di Gesù, affinché non ci faccia mani mancare le sue ferite da vedere e toccare, e l'impegno di essere a nostra volta, per quanto umilmente, sia come cristiani singoli che come comunità, le sue ferite capaci di aiutare i Tommaso di oggi a professargli: "Mio Signore e mio Dio", pur senza averlo visto.


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