La fede esige consapevolezza e scelta libera.
Il brano evangelico di questa domenica inizia con una preghiera di Gesù: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli». Quali sono «queste cose» che ai piccoli sono state rivelate al contrario dei sapienti e dei dotti? Per saperlo è necessario ricorrere al testo che precede questa preghiera.
In esso troviamo:
Possiamo dunque affermare che le “cose” rivelate ai piccoli e nascoste ai sapienti e ai dotti sono l’accoglienza della sua persona e della sua opera.
Ma chi sono i «piccoli» ai quali il Padre ha concesso di capire, al contrario dei sapienti e dei dotti? Non sono i bambini, come istintivamente viene da pensare. Lo sappiamo dallo stesso Gesù. Quando – lo abbiamo ascoltato domenica scorsa - assicura: «Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d'acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, non perderà la sua ricompensa», non si riferisce ai bambini, ma ai discepoli che lo stavano ascoltando. I piccoli sono coloro che accolgono la sua parola con affidamento generoso, fiducioso e sincero, nonostante sia diversa da quella proposta dalla sapienza umana, e la annunciano e la praticano, anche se li allontana dal successo e dal potere.
Dalle parole di Gesù risulta chiaramente che l’essere piccoli non è la condizione da cui si parte (si è bambini, si cresce e si diventa adulti), ma una conquista. Si ritorna, cioè, consapevolmente nella condizione di bambini, che non hanno nessun’altra sicurezza che l’affidarsi a Gesù, anche se il suo «né oro né argento né denaro nelle cinture, né sacca da viaggio, né due tuniche, né sandali, né bastone», si contrappone diametralmente al “più oro, più argento, più potere, più tutto e sempre più di tutto”.
Una scelta che il mondo – il «dominio della carne», lo chiama san Paolo – giudica da ingenui e sprovveduti, mentre è dono della benevolenza del Padre. Di questo Gesù è pienamente consapevole, perciò gli rende lode, e incoraggia quelli che vivono l’impegno con l’inevitabile stanchezza: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero». Parole consolanti e incoraggianti, ma anche decisamente sorprendenti.
Infatti Gesù definisce il suo giogo dolce, e il suo peso leggero. Ma può un giogo essere dolce se soltanto il suono della parola ci porta davanti agli occhi buoi piegati a tirare faticosamente l’aratro? E può un peso essere leggero con le condizioni poste da Gesù? Sì, giogo e peso di Gesù possono essere dolci e leggeri. È l’esperienza che lo conferma. La vita quotidiana è un caricarsi continuo di pesi che diventano leggeri quando, con scelta libera e consapevole, si decide di raggiugere un bene importante. Altrimenti chi andrebbe a fare footing, a scalare montagne, a infilarsi dentro a grotte, a chiudersi dentro laboratori per identificare virus e allestire vaccini? Come possono il giogo e il peso di Gesù non essere dolci e leggeri, se essi ci donano una vita buona qui e poi la vita eterna?