Il "grazie" è respirare aria nuova

XXVIII domenica del Tempo Ordinario - Anno C - 2022

La gratitudine rinnova, arricchisce, abbellisce la vita.

«Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono?». Bellissimo Gesù che non fa passare sotto silenzio la mancanza di gratitudine dei nove lebbrosi che non sono tornati a ringraziarlo per la loro guarigione, come il decimo, lo straniero. Umanissimo Gesù, perché la sua reazione e il suo comportamento lo fanno sentire vicino. Chi non ha sperimentato la delusione di un mancato cenno di gratitudine, non preteso ma atteso, a un suo gesto di bontà? Esemplare Gesù che sfata la convinzione, sempre dura a morire, della fede che contrasta, sacrifica, o addirittura annulla tutto ciò che è umanamente gradevole, apprezzato e bello, come la gratitudine che gratifica chi la riceve, e nobilita chi la esercita.

La sorgente del “grazie”

«E gli altri nove dove sono?». Il rammarico manifestato pubblicamente da Gesù non contraddice il suo: «Se amate quelli che vi amano, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori amano quelli che li amano»? (Lc 6,32), ma è uno stimolo importantissimo per comprendere che la gratitudine è il fondamento del giusto rapporto con Dio. La fede autentica, infatti, può nascere e crescere soltanto dalla consapevolezza della sua bontà e del suo amore per noi. È per questo che, per bocca dei profeti, Dio la chiede continuamente, quasi come una elemosina: «Popolo mio, che cosa ti ho fatto? In che cosa ti ho stancato? Rispondimi. Forse perché ti ho fatto uscire dalla terra d'Egitto, ti ho riscattato dalla condizione servile e ho mandato davanti a te Mosè, Aronne e Maria?» (Mi 6,3-4). Gesù non soltanto conferma il desiderio del Padre, ma lo rafforza con la sua testimonianza, ringraziandolo, come al ritorno dei discepoli dalla prima missione: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli» (Mt 11,25); e davanti alla tomba di Lazzaro: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato» (Gv 11,41).

Impariamo a dire: “grazie”

Commentando questo racconto evangelico dei dieci lebbrosi che incontrano Gesù, Papa Francesco osserva che esso, «divide il mondo in due: chi non ringrazia e chi ringrazia; chi prende tutto come gli fosse dovuto, e chi accoglie tutto come dono, come grazia. Ogni avvenimento e ogni necessità può diventare motivo di ringraziamento. Non tralasciamo di ringraziare! Se siamo portatori di gratitudine, anche il mondo diventa migliore, magari anche solo di poco, ma è ciò che basta per trasmettergli un po' di speranza. Impariamo a dire: "Grazie", a Dio, agli altri» (Udienza 30/12/2020).
Senza gratitudine si diventa presuntuosi, ingrati, spiritualmente e umanamente. Cosa c’è di più fastidioso e antipatico di chi crede di avere diritto a tutto senza dare niente; e di più inconcludente e velleitario di una cultura che pretende i diritti ma rifiuta i doveri?

Ne vale la pena?

“I nove ingrati saranno pure antipatici e fastidiosi ma senza ringraziare nessuno se ne vanno a casa guariti come il samaritano. È giusto? Non sarebbe stato meglio farli ritornare coperti di piaghe, così avrebbero capito la lezione?”. Per la nostra logica sì, ma non per quella di Dio. La sua gratitudine non è concessa per merito, a punteggi, oppure in occasioni straordinarie. È gratuita, perché scaturisce dalla sua bontà non dal merito o demerito dei destinatari. Ed è per sempre. Nei pensieri e nell’azione di Dio non c’è mai il rammarico: “Questa volta ci sono cascato, ma…”, perché è stabile la promessa: «Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se costoro si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai» (Is 49,15), perché all’ingratitudine non si può rispondere con l’ingratitudine, ma con una gratitudine in più. Soltanto allora essa non sarà soltanto un lodevole, sporadico, gesto umanitario, ma la scoperta o il rinforzo del dono della fede. Tutti e dieci lebbrosi furono “purificati”, ma il samaritano che «tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo», fu «salvato». Ebbe il dono non soltanto della salute, ma della fede.


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