Il metro e la bilancia

XXXIII domenica del Tempo Ordinario - Anno C - 2022

La consapevolezza della provvisorietà per evitare illusione e angosce.

«Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine»; «si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo». «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro!».
Così parlava Gesù a quelli che lo avevano invitato ad ammirare le bellezze del tempio di Gerusalemme, che, preoccupati e spaventati nel sentire che sarebbero venuti giorni nei quali, di quello che vedevano, ogni pietra su pietra sarebbe stata distrutta, gli avevano fatto la domanda che gli avremmo fatto anche noi: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». Quando? Non lasciatevi ingannare da chi dice conoscerlo, e che il tempo è vicino: «Non è subito la fine». Parole consolanti per chi lo ascoltava, ma più per noi. Allora, infatti, non c’erano ancora avvisaglie della distruzione del tempio e di Gerusalemme che sarebbe avvenuta non molti anni dopo (70 d.C.) ad opera di Tito. Noi invece “i fatti terrificanti” li stiamo vivendo: il Covid, la guerra tra Russia e Ucraina, la siccità, le alluvioni, le bombe d’acqua, le carestie, e per completare il quadro qualche terremoto… Chi non ha pensato che sembri la fine, e non ha temuto che siano arrivati i quattro cavalieri dell’Apocalisse (6, 1-8)? Per fortuna, però, anche oggi ci rasserenano le parole di Gesù: «Non è subito la fine». Quando allora lo sarà? E quali saranno i segni premonitori?

Il “quando” è sempre

Gesù, davanti alle belle pietre e ai doni votivi del tempio non fa l’indovino o l’oroscopista (di quelli che avevano previsto per il 2020 un anno magnifico e ricco di positività), ma il Maestro. Egli insegna che questo mondo e questa nostra vita sono provvisori, perciò i “fatti terrificanti” non sono l’indicazione della fine, ma la verità di ciò che è la realtà terrena. Le distruzioni, i flagelli, gli scombussolamenti capitavano al tempo di Gesù, come capitano oggi e capiteranno sempre, perché questa è la nostra condizione umana. L’ansia di conoscere il quando e i segni premonitori nasce dalla istintiva e innata resistenza ad accettare questa provvisorietà – per il sibilo ingannatore: «Non è vero che morirete, sarete come Dio» (Cfr. Gen 3,7) – e dalla difficoltà di affrontarla. Vivere la provvisorietà, infatti, è impegnativo e scomodo, perché, se sapessimo la data del “quando”, fino a quel momento potremmo bighellonare «oziosi, vivendo una vita disordinata, senza fare nulla e sempre in agitazione», come alcuni cristiani di Tessalonica. Invece questa attesa senza preavviso ammonisce: «Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese» (Lc 12,35); «Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà» (Mt 24,42).

La nostra chance

La provvisorietà è la nostra chance per portare la vita oltre la fine. È la bilancia per valutare il peso da dare ai pensieri, alle parole, alle azioni in modo da non affannarci e non perderci dietro le cose di poco conto e di poco valore, togliendo tempo e energie alle importanti. È il metro per misurare ciò dura nel tempo e non si dissolve nelle illusioni. È serenità, perché ci fa vivere l’oggi senza affannarci per il domani, e senza rimanere prigionieri del passato. È dinamismo, perché la coscienza che il tempo è breve ci stimola a non sciuparne nemmeno un istante. È saggezza, perché non si lascia sedurre e ingannare dai falsi profeti. È questa nostra vita, esposta a guerre, alluvioni, siccità, terremoti, l’unica che abbiamo. Viverla il più possibile serenamente, fidandoci che nemmeno un capello del nostro capo andrà perduto, ci sospinge a non farla diventare paglia da bruciare nel forno rovente dell’insignificanza, del nonsenso, della banalità.


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