Il rischio del consumismo, dell'esteriorità, del nonsenso non deve impedirci di vivere il Natale con tutta l'intensità possibile, per fare un pieno dei doni che la nascita di Gesù ha portato e porta.
Nonostante le strumentalizzazioni pubblicitarie e le esagerazioni consumistiche, il Natale rimane la festa cristiana più amata, più attesa, e più coinvolgente. E non potrebbe essere altrimenti, perché se è vero che siamo stati salvati dalla passione e dalla morte di Gesù, la salvezza non sarebbe arrivata senza la nascita a Betlemme. E questo non è accaduto per caso, ma per un lampo della infinita e inesauribile fantasia di Dio, che ha saputo concentrare in una umile nascita, in una povera grotta, in un piccolo paese tutto quello che gli uomini di tutti i tempi ammirano, desiderano, cercano. Cioè ciò che la parola di Dio che viene proclamata a Natale riassume in tre parole: luce, gioia dono.
La luce. La Messa di Mezzanotte inizia con questo annuncio: "Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse". La luce avvolge i pastori che ascoltano l'annuncio dell'angelo: "Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce". Ed è la luce della stella a condurre verso Betlemme i Magi. Tutti coloro che riempiono le case, le strade, le città di luci, anche se non ne sono del tutto consapevoli, hanno recepito il messaggio: il Natale è luce perché porta dentro il mondo e dentro ciascuno di noi "la luce vera, quella che illumina ogni uomo": Gesù, colui che ci rivela Dio, altrimenti irraggiungibile dai nostri occhi.
La gioia. La luce del bambino nato per noi moltiplica la gioia e aumenta la letizia. Nella notte di Betlemme, ai pastori avvolti dalla luce, gli angeli annunciano una grande gioia, ed essi ripartono dalla grotta glorificando Dio. I Magi "al vedere la stella, provarono una gioia grandissima". Come non esultare di gioia nello scoprire che il Figlio di Dio viene tra noi così piccolo, umile e povero? Se questo è il pensiero di Dio, tutti, anche quando ci sentiamo impresentabili, possiamo essere suoi figli. La nascita di Gesù è stata la gioia più grande che il mondo poteva provare, e forse questo spiega perché non c'è festa più gioiosa del Natale.
Il dono. Una delle tradizioni natalizie più antiche è lo scambio di doni. Nonostante tutti gli allarmi e le recriminazioni, la corsa al dono è irrefrenabile, perché un Natale senza un dono, per quanto piccolo, magari una telefonata, un SMS, un WhatsApp, un post su Facebook, non sembra Natale. E in effetti è così. Natale senza un dono non è Natale, perché il Natale è Dio che dona il suo figlio all'umanità: "Perché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio"; "è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore"; "è apparsa la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini"; "quando apparvero la bontà di Dio, salvatore nostro, e il suo amore per gli uomini, egli ci ha salvati, ... per mezzo di Gesù Cristo, salvatore nostro".
Luce, gioia, dono. Tre beni fondamentali della vita, senza i quali prendono sopravvento i contrari: il buio, la tristezza, l'egoismo. Viviamoli, allora, questi beni, in questi giorni. Per rafforzarli. Per approfondirli. Per diffonderli. Certamente, essi possono esser ridotti a esteriorità, equivocati e addirittura vissuti in maniera contraria a come il Natale di Gesù ce li ha portati e ci invita a viverli. Ma questo dipende da noi. Il rischio insito in tutte le strade umane non può e non deve impedirci imboccarle e di percorrerle.
Il Natale deve evitare il consumismo, cioè fagocitare ciò che accade perché ce se lo trova davanti, senza sapere cosa è, cosa significa, da dove proviene, e senza chiedersi se nutre e fa crescere, oppure se ingrassa e appesantisce, ma deve essere consumato fino in fondo. Deve essere un pieno della luce, della gioia, del dono che Gesù ci ha portati, per rafforzare la nostra volontà e la nostra capacità di viverli e di diffonderli.