Vivere i segni della festa nel loro significato profondo.
In questa quarta e ultima domenica di Avvento, che è difficile distinguere dal Natale, perché nelle strade, nelle case, nelle chiese tutto già è pronto per la festa, la parola di Dio con il brano della Lettera agli Ebrei (seconda lettura) ci offre un lampo sull’immensità misteriosa e irraggiungibile della vita di Dio. Proviamo a entrare in questo spiraglio più che con i ragionamenti, assolutamente inadeguati, con la fantasia, l’unica risorsa che abbiamo per sfiorare l’infinità di Dio.
Consapevole di tutti i tentativi falliti del Padre per ricondurre le creature al suo amore, il Figlio dice: «Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato. Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. Allora ho detto: “Ecco, io vengo per fare la tua volontà”». Il Padre accoglie l’«eccomi» del Figlio, e lo Spirito scende su Maria, creatura piccola e umile, alla quale non chiede sacrifici di animali, offerte e olocausti, ma la disponibilità al suo progetto.
Lei risponde all’annuncio dell’arcangelo Gabriele: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la sua volontà». È un «eccomi», eco di quello del cielo che dà carne e sangue al “corpo preparato” dal Padre per il Figlio. La nostra salvezza, quindi, è nell’«eccomi» misterioso pronunciato al di fuori del tempo e dello spazio, e in quello che risponde dalla terra con il sì di Maria e la nascita a Betlemme.
Il Natale che ci prepariamo a celebrare e a vivere con le luminarie, la gioia, i canti, i doni, i presepi… ci chiede di rinnovare e di approfondire il nostro sì a Dio con quello del Figlio e quello di Maria.
Viviamo la festa con gioia senza lamentarci delle sfasature, delle esagerazioni, delle cadute consumistiche e festaiole, e nemmeno delle immancabili critiche e contestazioni dei bastian contrari che vorrebbero trasformarla o eliminarla, puntualmente smentiti dalla risonanza sempre più diffusa anche in paesi non cristiani, perché la nascita di Gesù ha cambiato la storia, e la storia non può più fare a meno di lui.
Un vangelo apocrifo, in modo poetico ma profondamente vero nel significato, traduce con un racconto il “fermoimmagine” dell’universo nell’attimo in cui nasce Gesù (già mirabilmente anticipato in Sap 18,14-15: «Mentre il silenzio avvolgeva ogni cosa e la notte era a metà del suo corso, la tua Parola onnipotente, o Signore, venne dal tuo trono regale»):
«Io, Giuseppe, camminavo e non camminavo. Guardai nell'aria e vidi l'aria colpita da stupore; guardai verso la volta del cielo e la vidi ferma, e immobili gli uccelli del cielo; guardai sulla terra e vidi un vaso giacente e degli operai coricati con le mani nel vaso: ma quelli che masticavano non masticavano, quelli che prendevano su il cibo non l'alzavano dal vaso, quelli che lo stavano portando alla bocca non lo portavano; i visi di tutti erano rivolti a guardare in alto. Ecco delle pecore spinte innanzi che invece stavano ferme: il pastore alzò la mano per percuoterle, ma la sua mano restò per aria. Guardai la corrente del fiume e vidi le bocche dei capretti poggiate sull'acqua, ma non bevevano. Poi, in un istante, tutte le cose ripresero il loro corso» (Protovangelo di Giacomo XVIII 3).
Viviamo con gioia il Natale, lasciandoci affascinare e conquistare dagli «eccomi» del cielo e di Nazaret che ci invitano a pronunciare il nostro: “ecco, vengo io!”, che si traduce nella convinzione che le creature valgono anche se sono piccole, umili, e fragili; nell’accettare il messaggio che la vera forza non sta nell’arroganza, nella prepotenza, nella violenza, ma in chi si fa piccolo come Gesù, e umile come Maria per essere pronti ad andare in soccorso a ogni “Elisabetta” bisognosa di carità e di misericordia.
VIENI, SIGNORE GESÙ!
I presepi, gli abeti illuminati, le musiche e i canti,
le luminarie per le strade, i doni e gli auguri
raccontano la tua nascita di duemila anni fa, Signore Gesù.
La piccola Betlemme, l’umile grotta che ti ha accolto,
la mangiatoia circondata da umili pastori
raccontano che sei venuto tra noi in povertà e semplicità.
Signore Gesù, ricordaci che tu nasci ogni giorno,
nella nostra vita e nella storia,
come duemila anni fa in povertà e semplicità.
Celebrare il tuo Natale, ci aiuti ad accoglierti
ogni giorno e in ogni situazione, anche in quelle più umili,
attenti, come Maria, a coloro che hanno bisogno di noi.
Celebrare il tuo Natale, ci aiuti a vivere ogni momento
come un incontro con te, facendo, come te,
la volontà del Padre e il bene dei fratelli.