Il respiro della fede nel quotidiano

II Domenica del Tempo Ordinario - Anno B - 2018

La fede non ci allontana dagli impegni della vita, ma ci permette di ascoltare dalle cose, dalle persone, dalle situazioni la voce del Signore che ci chiede di viverle con un respiro più ampio di quello materiale.

I racconti dei vangeli sono così sintetici ed essenziali da rendere non immediata la comprensione del messaggio che contengono. E' ciò che può accadere con il vangelo di questa domenica. Analizziamolo! Giovanni e Andrea sono con il Battista, che, vedendo passare Gesù, ancora un perfetto sconosciuto, lo indica: "Ecco l'Agnello di Dio!". I due, che evidentemente avevano altre volte sentito il loro maestro parlare di Gesù in questi termini, ne comprendono il significato profondo, e si mettono a seguirlo. Gesù, accortosi che i due gli vanno dietro, li invita ad andare a vedere "dove dimora". Dal lungo incontro, i due escono trasformati, tanto che l'evangelista che lo narra ha indelebilmente fissato l'ora nella sua memoria: "erano circa le quattro del pomeriggio". Se avesse avuto l'orologio al polso, oppure il cellulare, avrebbe annotato anche i secondi. L'altro, Andrea, non ne esce meno segnato. Anzi! Cerca suo fratello Simone e lo conduce da colui che chiama senza mezzi termini: "Il Messia". Il messaggio è chiaro: l'incontro con Gesù cambia la vita.

E' così per tutti? E' così anche per noi?

Siamo abituati a sentire che è così, ma non è facile accettare che davvero possa essere così, perché noi non siamo come Giovanni, Andrea e Pietro. Noi siamo gente normale, con le preoccupazioni quotidiane della vita: il lavoro, la famiglia... Essi invece sono apostoli. Sì, ma prima di diventarlo erano gente normale: pescatori in attività, "tenevano" famiglia, come noi. Pietro sicuramente era sposato, e così probabilmente anche il fratello Andrea. Però, trovavano il modo e il tempo per andare ad ascoltare prima il Battista e poi Gesù. Vivevano il quotidiano con i suoi "affanni", senza però lasciarsi sommergere e soffocare dalle preoccupazioni materiali, ma capaci di lasciare spazio ad altre esigenze.

"Sì, ma come è possibile lasciare tutto all'improvviso. Come si fa?".
A leggere con attenzione i resoconti dei quattro vangeli, si capisce benissimo che Gesù ha dato a quegli uomini, come agli altri che lo seguiranno, il tempo per riflettere e decidere, ma la loro decisione non ci sarebbe stata, se non avessero avuto la disponibilità a cercarlo e a incontrarlo. Ce n'erano di pescatori lungo il lago di Genesaret che avevano sentito di un certo Giovanni che parlava di cose strane, e di un forestiero di Nazaret che si aggirava tra i pescatori in cerca di chissà che cosa, ma figurati se avevano il tempo di andare appresso a queste sciocchezze: "Oh, noi teniamo famiglia!". Anche Giovanni, Andrea e Simone, pescatori sicuramente non meno bravi e laboriosi degli altri, e non meno carichi di problemi e di faccende degli altri, tenevano famiglia, ma non ne erano prigionieri.

Identico è il messaggio che ci arriva da Samuele ed Eli. Quanti ragazzi, dopo la seconda falsa chiamata, si sarebbero di nuovo alzati per andare a vedere se il vecchio Eli aveva bisogno di qualche servizio, invece di girarsi dall'altra parte per rimettersi a dormire? E non so quanti vecchi, malati e stanchi, avrebbero fatto come lui che, invece di sgridare quel ragazzino che continuava a svegliarlo, ha avuto la pazienza di prepararlo a riconoscere la voce del Signore: "Vattene a dormire e, se ti chiamerà, dirai: Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta".

Come essere almeno un po' come Giovanni, Andrea, Simone, Samuele, Eli? Mantenendo il nostro quotidiano aperto a interessi non esclusivamente materialistici. Questa indicazione può far pensare a scelte "da convento". No. Ci chiede di cercare in tutto: nei pensieri, nelle parole, nelle azioni non soltanto ciò che si tocca, si sente, si pesa, ma, direbbe san Paolo: "quello che è vero, quello che è nobile, quello che è giusto, quello che è puro, quello che è amabile, quello che è onorato, ciò che è virtù e ciò che merita lode" (Fil 4,8). In tutte le cose c'è un "più" di ciò che si vede, si sente si tocca. Proviamo a vedere e ad ascoltare il nostro corpo come "tempio dello Spirito Santo". Cambia tutto.

Non essere chiusi a questo "più" non ci allontana dagli impegni del quotidiano, ci aiuta a cogliere dalle persone, dalle cose, dalle situazioni la voce del Signore, per esercitarci come Samuele a tentare di non lasciare andare a vuoto una sola delle sue parole.


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