Il Signore non ama le opere interrotte

V Domenica di Quaresima - Anno C - 2016

La liturgia di questa domenica ci sprona a non lasciarci vincere dallo scoraggiamento, a non cedere alle voci degli "scribi e farisei" che abitano dentro di noi, ma ad affidarci con fiucia al Dio che fa nuove tutte le cose e ci usa misericordia.

Siamo continuamente rattristati dalla visione di opere lasciate a metà o nell'abbandono senza essere utilizzate: strade che finiscono in mezzo ai campi, ponti che non raggiungono l'altra sponda, ospedali già attrezzati con macchinari costosissimi in disuso per pastoie burocratiche, impianti sportivi diventati una sterpaglia, piscine olimpiche ridotte ad acquitrini puzzolenti... E' uno spettacolo triste e sconfortante, uno spreco di soldi, di energie, di opportunità che ci fa protestare giustamente contro politici incapaci e affaristi, amministratori indolenti, tecnici inadeguati.

Dentro di noi la vista potrebbe essere la stessa: progetti, impegni, propositi, attività... lasciati incompiuti perché impauriti dalle difficoltà, scoraggiati dagli imprevisti, delusi dai nostri errori, sfiduciati dalla scoperta di debolezze insospettate, colpevolizzati da incoerenze impreviste. Quanti propositi di vita nuova si sono fermati senza arrivare sulla sponda della realizzazione, come arcate di autostrade ferme per aria?

Sul finire di questa Quaresima, la Parola ci scuote e ci sprona, ricordandoci che il Signore non è così: non si ferma di fronte alle difficoltà, non si lascia scoraggiare dagli insuccessi, non si lascia vincere dalle delusioni. Egli "che aprì una strada nel mare e un sentiero in mezzo ad acque possenti", apre nel deserto una strada, e immette fiumi nella steppa, sempre, anche oggi con noi. Egli guarda avanti ed esorta: "Non ricordate più le cose passate, non pensate più alle cose antiche". Egli fa sempre cose nuove. Tocca a noi accorgercene.

Anche se siamo arrivati verso la fine di questo tempo, che avevamo accolto come favorevole per dare una raddrizzata o una svolta alla nostra vita, senza esser riusciti a realizzare i nostri propositi, non dobbiamo arrenderci e fermarci, ma, come san Paolo, dimenticando ciò che ci sta alle spalle, e protesi verso ciò che ci sta di fronte, correre verso la meta: il "premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù".

Questo premio da ricevere lassù non pensiamolo lontano, così da consentirci pause, ritardi e rinvii, perché lo si raggiunge giorno per giorno, mettendo in campo tutte le nostre potenzialità di bene. Ce lo siamo detto e ridetto tante volte: la conversione che il Signore ci chiede è sì lasciare, ma non per perdere, bensì per guadagnare; è sì diminuire ma per crescere; è si disboscare, ma non per desertificare, bensì per fornire acqua al deserto, e fiumi alla steppa.

Uno stimolo straordinario ci arriva dallo stupendo racconto del Vangelo. La donna ha sbagliato: "è stata sorpresa in flagrante adulterio". Gli scribi e i farisei sono pronti con le pietre in mano per bloccarla lì, nel suo errore, nel suo passato. Gesù la rilancia verso una vita nuova: "Neanch'io ti condanno; va' e d'ora in poi non peccare più".

Apriamo bene gli occhi!

Questi scribi e farisei minacciosi, pronti a bloccarci con le loro pietre, stanno anche dentro di noi. Sono le nostre indecisioni, le nostre paure, i nostri tentativi falliti, i nostri propositi finiti tra le sterpaglie della nostra incoerenza. Ignoriamoli, e, fissando gli occhi sul dito di Gesù, che scrive nella nostra coscienza l'invito a credere nella misericordia del Padre, lasciamo cadere le pietre delle nostre debolezze e incertezze, decisi ad accogliere il suo invito: "Va' e d'ora in poi non peccare più".

Ma cosa comporta il suo "va' e d'ora in poi non peccare più"?
Cosa ha chiesto Gesù alla donna? Di tornare a vivacchiare in famiglia, con gli occhi e il cuore sulla strada per nutrire mestamente la nostalgia di qualche passante più aitante del marito? Sicuramente no. La donna avrà dedicato occhi e cuore alla sua famiglia, mettendo a frutto tutte le sue potenzialità di sposa e di madre. Questo è ciò che chiede a noi la conversione.
Allora ascoltiamo san Paolo: dimenticando ciò che ci sta alle spalle e protesi verso ciò che ci sta di fronte, corriamo verso la mèta, certi che non andiamo a perdere ma a guadagnare, come il seminatore che "nell'andare, se ne va piangendo, portando la semente da gettare, ma nel tornare, viene con gioia, portando i suoi covoni".


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