Il Signore risorto non ama il chiasso

Domenica di Pasqua - Risurrezione del Signore - Anno C - 2019

La Pasqua non può essere un'idea, deve diventare una scelta di vita.

Nella Domenica delle Palme, commentando l'ingresso di Gesù a Gerusalemme, papa Francesco ha invitato a meditare sulla contrapposizione strategica tra il Signore, che rimane «fedele alla sua via, la via dell'umiltà», e il "principe di questo mondo", che preferisce la "carta del trionfalismo", quella che «cerca di avvicinare la meta per mezzo di scorciatoie, di falsi compromessi, salendo su carro del vincitore». Con la sua passione e risurrezione, Gesù ha scelto la via della croce: «la spogliazione, lo svuotamento di sé. Tacere, pregare, umiliarsi». Con il suo messaggio, papa Francesco ha richiamato la necessità di una scelta tra il Signore: il silenzio e l'umiltà, e il principe di questo mondo: il clamore e il chiasso.

Per verificare che le cose stanno effettivamente così basta aprire gli occhi sulla realtà, sia intorno a noi, che dentro di noi.
Intorno a noi. La rumorosa adesione alla strategia del principe di questo mondo è assordante. In tutti i programmi tivù nonché sui social network, domina la legge del chi urla più forte. Gente della politica, dell'economia, del sindacato, dello sport, dello spettacolo, della vita normale strilla e si dà sulla voce per sovrastare gli altri, che ovviamente contraccambiano. Se dallo schermo e dal web entriamo nella vita reale, la situazione non cambia: si fa a chi strilla più forte.
Dentro di noi. Non caviamocela, però, puntando il dito, perché nella strategia del clamore ci siamo anche noi, quando nascondiamo i nostri insuccessi e le nostre sconfitte, mascherandoli dietro a false sicurezze e stentati sorrisi, nel timore che gli altri ci scoprano deboli e vulnerabili, mentre, al contrario, sbandieriamo i nostri successi, anche piccoli e magari fittizi.

La risurrezione è la prova eclatante e lampante che le strade del Signore sono completamente diverse. Gesù, che si è lasciato mettere in croce davanti a tutto il popolo, risorge davanti a pochi "testimoni prescelti da Dio". Prescelti con criteri che ci spiazzano, perché i "suoi testimoni" sono persone impaurite, incerte, turbate, che noi ci saremmo guardati bene dallo scegliere. Al posto di Gesù risorto noi saremmo apparsi tra la folla del tempio di Gerusalemme, nel bel mezzo del sinedrio, nel pretorio di Pilato, tra la folla che aveva scelto Barabba... Invece, in quella straordinaria e unica alba del primo giorno della settimana, Gesù compare a Maria di Magdala, a altre donne, a Pietro e Giovanni, a due discepoli che tornano al loro paese, credendo che tutto sia finito, e rammaricati di averlo seguito inutilmente.

Perché questa umiltà? Perché questo silenzio? Non per lasciare spazio al "principe di questo mondo". Tanto meno per il gusto di essere minoranza elitaria come certi partitini e associazioni culturali, ma perché questa è la vera strada della vittoria: «La pietra scartata dai costruttori è divenuta la pietra d'angolo. Questo è stato fatto dal Signore: una meraviglia ai nostri occhi».

La risurrezione di Gesù è il fondamento della nostra fede. Lo sappiamo benissimo. Riconfermiamo continuamente questa adesione con la recita del Credo. Ma questa fede non può rimanere un'idea senza ripercussioni concrete nella nostra vita reale. Credere con la sola testa che Gesù è risorto sarebbe inutile. Maria Maddalena e le altre donne, Pietro e Giovanni, i due di Emmaus, il gruppo degli apostoli che alla sera se lo videro entrare dentro la stanza con le porte sbarrate per paura dei giudei non continuarono a vivere come prima, semplicemente con una idea in testa. Intrapresero la strada silenziosa e umile della testimonianza, e per loro cambiò tutto. Così deve essere per noi. Credere alla risurrezione comporta scegliere e vivere le "cose di lassù": il buono, il vero, il bello, ciò che non fa rumore, ma può fermentare la massa vociante del principe di questo mondo con la pazienza silenziosa del lievito.


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