Il tarlo della vita buona

XXV Domenica del Tempo Ordinario - Anno B - 2021

La gelosia, l'invidia, l'arrivismo danneggiano gli altri, ma soprattutto noi stessi.

Nella sua lettera a tinte forti, che la liturgia ci sta proponendo in queste domeniche a piccole dosi come seconda lettura, san Giacomo ci mette in guardia da ciò che rende difficile o addirittura impossibile una vita buona, vissuta in pace con se stessi e con gli altri: «Fratelli miei, dove c'è gelosia e spirito di contesa, c'è disordine e ogni sorta di cattive azioni... Da dove vengono le guerre e le liti che sono in mezzo a voi? Non vengono forse dalle vostre passioni che fanno guerra nelle vostre membra? Siete pieni di desideri e non riuscite a possedere; uccidete, siete invidiosi e non riuscite a ottenere; combattete e fate guerra!». La "gelosia e spirito di contesa", sono sentimenti pericolosi e insidiosi, tanto più se subdoli o nascosti sotto falsi buoni sentimenti, che come un tarlo corrodono la tranquillità interiore, la vita di relazione e di comunione con gli altri. Questo tarlo è dentro di noi. Da sempre. Da quando Adamo ed Eva decisero di volere essere come Dio, e iniziarono a guardarsi intorno sospettosi, gelosi e invidiosi.

Una conferma straordinaria della presenza e persistenza di questo istinto dentro di noi ci viene dal Vangelo. Gesù vuole far comprendere ai Dodici il senso, l'evolversi e la conclusione della sua missione: «"Il Figlio dell'uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà". Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo». Non capivano? Sarebbe stato logico pensare che, avendo ascoltato dichiarazioni così importanti, ne stessero discutendo nel loro confabulare dietro le spalle del Maestro. Macché! I loro interessi erano altri. Infatti, arrivati in casa, Gesù chiede loro: «"Di che cosa stavate discutendo per la strada?". Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande». Avevano paura di chiedere spiegazioni, perché temevano che le cose potessero andare davvero così, e allora addio a tutte le speranze di successo e carriera.

Gesù, che conosce il cuore dell'uomo non li rimprovera, non fa pesare la sua delusione - oltre tutto non era la prima volta che li aveva trovati impegnati in discussioni simili. Vedi i figli di Zebedeo che mettono in mezzo anche la madre (Mt 20, 20-21) - ma pazientemente suggerisce l'antidoto: «Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: "Se uno vuole essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servitore di tutti"», e «preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: "Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato"»: niente gelosia e spirito di contesa, niente corsa ad arrivare prima e più in alto, niente invidia.

Chi sono questi bambini da accogliere? Non sono soltanto "i bambini per età" - lo sono anche essi quando non hanno ciò che è loro dovuto - ma anche quelli per condizione di vita, perché sono poveri, indifesi, dimenticati, sfruttati... Sono quelli che non suscitano invidia e gelosia perché non sono davanti o più in alto, ma troppo indietro e troppo in basso.
Perché "uno solo"? Perché il suo invito ad accoglierne uno solo non è una esortazione a un atto sporadico, magari pubblicitario - di questi ce n'è più che sufficienza! - ma a una scelta di vita. Cioè ad accoglierli tutti.

«Fratelli miei, dove c'è gelosia e spirito di contesa, c'è disordine e ogni sorta di cattive azioni», avverte San Giacomo. Ascoltarlo non è facile come sembra e come dovrebbe essere, perché, pur essendo evidenti e innegabili i danni di questa smania a primeggiare, a scavalcare, a prevalere, è difficile ammettere che anche noi ne siamo coinvolti. Di gente gelosa, invidiosa, arrivista, arrampicatrice ne conosciamo tanta. Ma guarda un po'! Tra questi, noi non ci siamo mai. "Ah noi no! Noi abbiamo tanti difetti ma l'invidia e la gelosia proprio no". Mai come a questo proposito è necessario ricordare l'ammonimento di Gesù: «Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio del tuo fratello, e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio?» (Mt 7,3). E se per caso, meditando gli insegnamenti di Gesù e i richiami di San Giacomo, invece di pensare a noi stessi abbiamo ripassato l'elenco di "quelli e quelle"... che "gli farebbe proprio bene sentire questa predica", subito un convinto mea culpa. Questa "predica" è per noi.


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