Il volto di Dio nelle sue creature

Santissima Trinità - Solennità - Anno C

Scopriamolo nella grandezza, nella bellezza, nell’armonia.

Il volto di Gesù, anche se non abbiamo prove fotografiche, lo conosciamo. Per lo meno ce lo possiamo immaginare, perché i Vangeli raccontano del suo sguardo addolorato o sdegnato, delle sue mani che stringono quelle dei malati, della sua gioia e del suo pianto… ma quello di Dio Uno e Trino, della Trinità, com’è? Gesù ci ha dato un’indicazione: «chi vede me, vede colui che mi ha mandato» (Gv 12,45), ma non ci basta, perché il Padre possiamo pensarlo come quello di Michelangelo; lo Spirito Santo con il segno della colomba, ma Padre, Figlio e Spirito Santo, unico Dio in tre Persone? È irrispettoso questo interrogativo ed è sbagliato cercare di risolverlo? Non è né sbagliato, né tanto meno temerario e irrispettoso, tant’è vero che nei Libri Sacri, in modo particolare nei Salmi, è Dio stesso che esorta a cercarlo: «Il mio cuore ripete il tuo invito: “Cercate il mio volto!”, e il tuo volto, Signore, io cerco» (Sal 27,8); e il salmista invoca continuamente di poterlo incontrare: «L'anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente: quando verrò e vedrò il volto di Dio?».
È bene e salutare perciò cercarlo, sperando di arrivare a vederlo come Mosè «faccia a faccia» (Dt 34,10), non dimenticando mai che «egli è Dio e non un uomo» (Os 11,9), e che i tratti del suo volto possiamo e dobbiamo cercarli non in una tela o in un affresco o nella nostra fantasia, ma nelle sue opere, come proclama il Salmo della Messa di oggi.

Signore, quant’è grande il tuo nome!

È notte. Un pastore, o un viandante, o forse il re David che fugge dall’ira di Saul, si ferma a guardare il cielo e viene conquistato da meraviglia e stupore: «Quando vedo i tuoi cieli, opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai fissato, che cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi, il figlio dell’uomo, perché te ne curi?». La lode del salmista scaturisce dall’immensità dei cieli, della luna, delle stelle…, ma poi passa alla creatura che li può contemplare - «che cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi? Davvero l’hai fatto poco meno di un dio, di gloria e di onore lo hai coronato»; e servirsene - «Gli hai dato potere sulle opere delle tue mani, tutto hai posto sotto i suoi piedi».
Non siamo in grado di immaginare il volto della Trinità come con il nostro, ma lo possiamo vedere nelle «opere delle sue dita», sulle quali ci ha dato il potere che richiede conoscenza, rispetto, attenzione, gratitudine, un rapporto equilibrato e non lo sfruttamento sconsiderato.

Coronato di gloria e di onore

La consapevolezza che «all’uomo» sono state affidate la bellezza e la grandezza di Dio, diffuse «nel cielo, nella luna e nelle stelle», e in ogni creatura - nei mari, nei monti, negli uccelli, anche in quelle creature materialmente inutili ma cariche soltanto di bellezza, come le farfalle, o nell’arcobaleno, in un sorriso… - indica quale deve essere il nostro rapporto con il creato: l’armonia. Quando essa scompare per lasciare spazio soltanto al profitto, allo sfruttamento, alla rapina accade ciò che abbiamo davanti agli occhi: l’acqua inquinata, l’aria irrespirabile, le colline che franano, i fiumi che debordano, la miseria di interi popoli e la ricchezza smisurata di pochi.
Questa considerazione può sembrare più inerente all’ecologia che alla fede. È la critica spesso ottusa e malevola a papa Francesco che nel riconoscere nel creato il «volto di Dio», ha scritto due encicliche: Laudato sii e Fratelli tutti. Non è così. Infatti della necessità dell’armonia con il creato si sta prendendo atto, perché non è possibile ignorare i sempre più dannosi e disastrosi fenomeni naturali.
Molto più disattesa e ignorata è invece la parte dei valori spirituali, quelli che rendono «l’uomo fatto poco meno di un dio» capace di gestire non soltanto «tutte le greggi e gli armenti e anche le bestie della campagna, gli uccelli del cielo e i pesci del mare», ma anche la vita umana. I fiumi prigionieri del cemento prima o poi si riprendono ciò che è loro. E sono guai. Cosa accadrà quando il rifiuto della vita dalla nascita alla morte, della famiglia “padre, madre, figli” si riprenderanno ciò che è loro? Lo sbandamento preoccupante dei ragazzi può essere un segno?


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