I discepoli di Gesù sono tali se vivono uniti a lui, come i tralci alla vite, alimentati dalla linfa della grazia. Allora possono portare i frutti dell'amore, nell'esercizio concreto e quotidiano della carità.
Domenica scorsa, riflettendo sul buon pastore che conosce le sue pecore e le sue pecore lo conoscono, abbiamo ricordato che nella Bibbia conoscere non rimanda a un processo puramente intellettuale, ma a una comunione esistenziale. È la comunione che Gesù fa intendere in maniera inequivocabile, affermando, nel vangelo di questa domenica: "Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla".
Gesù non dice: "Io sono il tronco, voi i tralci", ma: "Io sono la vite, voi i tralci". Cioè, lui è tutta la vite, tralci compresi. I suoi discepoli non sono tali per un'adesione intellettuale alla sua parola, né per un'ammirazione per quanto profonda e sincera del suo comportamento, ma per l'identità di vita. Non sono una parte della vite con una propria consistenza, in qualche modo dipendente dal tronco. Sono discepoli soltanto se inseriti in lui che è il tutto. Staccati da lui servono per fare fuoco. La sua affermazione non potrebbe più netta: "Senza di me non potete far nulla". Nulla! Nemmeno cose di poco conto, soltanto zero, niente, una fiammata.
Nel corso del tempo, questo messaggio è diventato, in un linguaggio meno biblico e più razionale: vivere in grazia di Dio. Che non è errato, ma forse ha contribuito a diminuire, a volte fino a snaturare, il livello di unione tra Gesù e i discepoli, riducendolo a un fatto spiritualistico, difficile da verificare. Questo forse spiega perché è così frequente, ciò che più grave, dato praticamente per normale, trovare tra pii e devoti persone umanamente deludenti e insignificanti.
Rimanere in Gesù come il tralcio nella vite non può esaurirsi in una unione "spirituale" con il Cristo risorto attraversi i sacramenti, la preghiera e qualche opera buona. Deve tradursi, con la forza della preghiera, dei sacramenti e l'esercizio del comandamento "che ci amiamo gli uni gli altri", nel vivere come lui è vissuto tra noi sulla terra.
E' stato una persona pia e devota? Sicuramente, Ma la sua pietà e la sua devozione al Padre era testimoniata con un vita buona, bella, positiva, giusta, coraggiosa, generosa. I vescovi italiani, nel documento: "Comunicare il vangelo in un mondo che cambia" (2011) scrivono: "Gesù ha condotto una vita buona, nel senso che ha aiutato gli altri a far emergere il potenziale di bene e di vita che li abitava, liberandoli dal potere del demonio e risanandoli dalle contraddizioni di cui erano prigionieri. Egli è stato anche un ascoltatore attento del suo tempo, capace di valorizzare tutto il bene disseminato in Israele e nella cultura del suo popolo. Sì, la sua è stata una vita bella, vissuta in pienezza: è stato un uomo sapiente, capace di vivere tutti i registri delle relazioni umane, compreso quello dell'amicizia; le pagine evangeliche sulla casa di Betania sono tra le più affascinanti di tutta la Scrittura" (20,21).
E' possibile rimanere in Gesù come il tralcio alla vite senza una vita "buona e bella, vissuta in pienezza" che faccia emergere la forza che l'unione con lui dona al nostro essere uomini e donne? Non è possibile, però, purtroppo, ci siamo illusi che fosse possibile, con il risultato di essere diventati tralci che se ci siamo o no è la stessa cosa, perché magari siamo sale e luce di riti e celebrazioni, ma non di una società dalla vita "buona e bella, vissuta in pienezza".
In questo tempo di Pasqua stiamo ascoltando, sia nei giorni feriali che nelle domeniche, la storia-messaggio della prima comunità cristiana. E' impossibile non domandarsi come mai quei cristiani suscitassero tanto clamore, mente di noi non si accorge nessuno. La risposta: lì c'erano uomini e donne, deboli e peccatori come noi, ma forti, schietti, coraggiosi (come Barnaba e Saulo..), non soltanto persone pie e devote, ma uomini di grande spessore spirituale e umano. Per quelli un po' di qua e un po' di là, come Anania e Saffira, era meglio girare alla larga.