L'ascolto e lo stupore

V Domenica del Tempo Ordinario - Anno C - 2016

Il coraggio e lo stupore di Pietro ci insegnano cos'è la fede, cosa significa veramente abbandonare tutto e abbandonarsi alla potenza di Dio, al suo sogno d'amore su di noi, scommettendo "sulla sua parola".

"Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti". Si può e si deve tentare di capire cosa è la fede in Gesù con tanti mezzi, ma niente riuscirà a fotografare la fede come il comportamento di Pietro. Verifichiamo! E' un pescatore "professionista", conosce il suo mestiere, il lago con le bonacce e le bizze, sa le ore in cui i pesci possono cadere nelle reti. Avrebbe, perciò, tutti i motivi per dire a predicatore che viene dai monti: "No, grazie! Non mi va di tornare a faticare inutilmente". Invece: "Sulla tua parola getterò le reti".

Cosa ha portato Pietro a questo atto di fede lo dichiara egli stesso: "Sulla tua parola". Non soltanto quella dell'invito a gettare le reti, ma sicuramente quella che aveva ascoltata mentre parlava dalla sua barca. Pietro aveva già avuto diversi contatti con quest'uomo, e ne era rimasto incuriosito, perché apriva alla sua vita orizzonti nuovi, ma il discorso di quel giorno doveva averlo convinto che quell'uomo meritava la sua fiducia. Infatti, getta le reti con il risultato che sappiamo.

Di fronte alle reti piene di "una quantità enorme di pesci", Pietro si getta in ginocchio ed esclama: "Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore". Siamo talmente abituati a sentire frasi del vangelo come questa che ci sembrano ovvie. Non è così. Pietro non lo chiama più Maestro, ma Signore, e gli si getta in ginocchio davanti, pregandolo di allontanarsi. Ma come? Gli ha riempito la barca di pesci e gli dice di allontanarsi? Noi l'avremmo invitato a rimanere per un'altra battuta di pesca senza fatica e delusione. Pietro, invece, si inginocchia perché ha capito che davanti a lui c'è qualcuno misteriosamente grande: "lo stupore aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto".

Lo stupore è il sentimento che si prova di fronte a qualcuno o qualcosa di talmente grande, bello, buono, da far sentire tanto piccoli da mettere in trepidazione, da far tremare, come Isaia alla vista del Signore "seduto su un trono alto ed elevato": "Ohimè! Io sono perduto, perché un uomo dalle labbra impure io sono". Di fronte a questa grandezza, il pescatore non avrebbe osato invitarlo a rimanere, ma, invitato, è deciso: "tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono".

Veniamo a noi.

Da cosa dipende il fatto che non riusciamo a far comprendere la grandezza del messaggio di Gesù e la bellezza di seguirlo?

Oggi è la 38a Giornata per la Vita. Come mai le nostre proposte sulla sacralità della vita vengono considerate tutt'altro che forti e nuove, tanto da far sembrare moderne, civili, progredite anche le soluzioni più ottuse, tristi e penose come l'aborto, le manipolazioni genetiche, l'utero in affitto, l'eutanasia?

Come mai non riusciamo ad annunciare e testimoniare che Gesù merita di lasciare "le reti della logica umana" e seguirlo? E' doloroso ammetterlo, ma il motivo va individuato nella nostra scadente capacità di testimoniare la fiducia e lo stupore davanti al messaggio di Gesù e alle opere di Dio.

Per questa Giornata per la Vita, i vescovi italiani nel loro messaggio, intitolato: "La misericordia fa fiorire la vita", citando Papa Francesco, hanno scritto: "Siamo noi il sogno di Dio che, da vero innamorato, vuole cambiare la nostra vita. L'Anno Santo della misericordia ci sollecita a un profondo cambiamento. Bisogna togliere "via il lievito vecchio, per essere pasta nuova" (1Cor 5,7), bisogna abbandonare stili di vita sterili, come gli stili ingessati dei farisei".

Verissimo! Ma per essere noi il sogno di Dio è necessario che noi crediamo al suo sogno, e come Pietro, sulla sua parola, pieni di stupore troviamo o ritroviamo il coraggio di prendere il largo e di lasciare le nostre reti.


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