L'Avvento per rivestirci del Signore Gesù

I Domenica di Avvento - Anno A - 2016

La parola di Dio della prima domenica di Avvento dà da pensare. Entri in chiesa tranquillo come tutte le altre domeniche, perché fuori dalla chiesa tutto scorre come sempre, poi, ascoltando le letture, non puoi rimanere in pace.

La prima lettura annuncia: "Alla fine dei giorni, il monte del tempio del Signore sarà saldo sulla cima dei monti e s'innalzerà sopra i colli, e ad esso affluiranno tutte le genti". La fine dei giorni! Con queste scosse di terremoto, che non smettono e che stanno girovagando in tutti i continenti, come fai a non pensare che questa fine dei giorni potrebbe essere arrivata? Tanto più che il salmo parla della gioia di andare a Gerusalemme, non intendendo sicuramente quella contesa da ebrei, arabi e cristiani, ma quella del cielo. Non è più rasserenante san Paolo che invita a svegliarci dal sonno "perché adesso la nostra salvezza è più vicina di quando diventammo credenti". Così ti viene di nuovo da pensare: "Saremo arrivati"? E anche se non siamo arrivati, c'è poco da stare tranquilli, perché Gesù ammonisce: "Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell'ora che non immaginate, viene il Figlio dell'uomo».

Come accogliere questa Parola che sembra voler gettare benzina sulle nostre insicurezze, già così pesanti e fastidiose? La dobbiamo lasciare nel libro, oppure dobbiamo prenderla sul serio? Cosa c'entrano questi allarmi con l'Avvento e la preparazione al Natale? L'Avvento non è l'avvio ai preparativi della festa – vedi la pubblicità su tutti i canali televisivi - con tutte le sue straordinarie e rasserenanti tradizioni: presepi, alberi, luminarie, doni, canzoncine, cene, Messa di Mezzanotte?

La Parola di Dio ci è data non per rimanere nel libro, ma per arrivare al cuore, ed è sempre "buona notizia".
"E quale sarebbe la buona notizia in tutti questi annunci da fine del mondo?".
Che la nostra vita non è una parabola: si viene al mondo, ci si sta un po' e poi si scompare, ma una traiettoria: si nasce, si vive, si va verso l'eternità. Questo ci ricorda l'Avvento. Che perciò non è fare finta di aspettare che Gesù nasca di nuovo a Betlemme, né prepararsi a celebrare il suo compleanno, ma ricordare la nascita di Gesù a Betlemme per vivere ogni giorno nell'attesa del suo ritorno, come Signore della storia e del tempo.

Cosa vuol dire questo in concreto?

San Paolo ci dà una indicazione fenomenale: "Rivestitevi del Signore Gesù Cristo". Gesù è venuto a nascere tra noi non per essere festeggiato, ma perché quotidianamente, umilmente, coraggiosamente "gettiamo via le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce", per vivere come lui è vissuto, in modo da poter arrivare a vivere per sempre con lui.

Questo non significa rinunciare alla festa del Natale e a tutti i segni e le tradizioni che la rendono bellissima e unica, anche perché non sono pochi quelli che vorrebbero eliminarla, ma ci impegna a prepararla e a viverla in modo tale che ogni gesto esteriore sia un segno della vita interiore.

Prepariamo i doni? Benissimo, se ci aiuta a fare della nostra vita un dono.
Prepariamo le luminarie? Benissimo, se ci ricorda che dobbiamo "comportarci onestamente" e vivere sempre "come in pieno giorno".
Prepariamo la cena? Benissimo, se ci serve per rendere la nostra famiglia sempre più aperta.
Prepariamo il presepe? Benissimo, se ci ricorda che dobbiamo rivestirci del Signore Gesù.


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