L'inutile e dannosa ansia del quando

XXXIII Domenica del tempo Ordinario - Anno C - 2016

La provvisorietà fa parte della nostra condizione umana: in questa XXXIII domenica del tempo ordinario la Prola di Dio ci mette in guardia dall'affanno di sfuggirla e ci invita, invece, a coltivare la speranza operosa.

Profetizzando la distruzione del tempio di Gerusalemme, del quale Erode il Grande aveva avviato nel 19.a C. la ristrutturazione e l'ampliamento (l'impresa terminò – ironia della sorte - nel 64 d.C. poco prima della distruzione a opera di Tito nel 70 d.C.), Gesù con lo stile escatologico e apocalittico, molto in uso a quei tempi (e per noi così ostico), prende spunto dalla fine di quella grandiosa opera, ornata di belle pietre e di doni votivi, per parlare della fine della realtà terrena.

Quelli che lo ascoltano, passano subito a ciò che loro interessa: il quando e i segnali per non farsi sorprendere: "Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?". Esattamente quello che avremmo chiesto noi se fossimo stati lì. Gesù non li accontenta. Non poteva. Se lo avesse fatto, avrebbe smentito gran parte del suo insegnamento: le vergini stolte e le sagge: "Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l'ora" (Mt 25,1-13); il servo che aspetta il padrone che torna dalle nozze: "Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell'ora che non immaginate, viene il Figlio dell'uomo" (Mt 24,42-51); l'invito a vigliare la casa dall'arrivo dei ladri (Mt24,43); ma anche la parabola dei talenti (Mt 25,14-30)...

Quel giorno, di fronte al tempio, Gesù non voleva fare l'indovino, ma il Maestro: insegnare che la nostra vita è provvisoria, perciò, alla richiesta di segni premonitori, Gesù esorta a non farsi ingannare da coloro che dicono di averli, smentendo che gli sconvolgimenti della natura e degli uomini (guerre, rivoluzioni, nazione contro nazione e regno contro regno, in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze, anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo), siano avvisaglie della fine, mentre sono lo stato normale della nostra realtà terrena.

Se anche noi siamo interessati al quando e ai segni premonitori, Gesù ci risponde come ai suoi contemporanei: "Non lasciatevi ingannare!". Pensiamo a ciò che è accaduto e sta accadendo in questi ultimi mesi: guerre, terrorismo, colpi distato, stragi, terremoti, alluvioni, pestilenze (ebola, zika..), uragani, tornado, trombe d'aria, le feroci persecuzioni dei cristiani... "Sarà la fine del mondo". No. Questo è il nostro mondo. Quello che capitava al tempo di Gesù, capita anche oggi e capiterà sempre, perché questa è la nostra condizione umana. II nostro ansioso desiderio di conoscere il quando e i segni premonitori nasce dal non accettare questa condizione di provvisorietà, e dalla difficoltà di affrontarla. Vivere la provvisorietà, infatti, è impegnativo e scomodo, perché, se sapessimo il "quando" e la data del suo arrivo, fino a quel momento potremmo bighellonare "oziosi, vivendo una vita disordinata, senza fare nulla e sempre in agitazione", confidando nella la possibilità di recuperare in zona cesarini, all'arrivo dei segni premonitori; oppure rovinare la vita propria e quella degli altri per costruire "magazzini sempre più grandi", per poter dire: "Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti". Per poi ascoltare la sentenza: "Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?" (Lc 12,13-21).

Accettare di non conoscere né il quando, né i segni premonitori ci impegna a vivere la provvisorietà come san Paolo: "noi infatti non siamo rimasti oziosi in mezzo a voi, né abbiamo mangiato gratuitamente il pane di alcuno, ma abbiamo lavorato duramente, notte e giorno, per non essere di peso ad alcuno di voi", facendo nostra la sua regola: "Chi non vuole lavorare, neppure mangi".

Accettare la provvisorietà è vivere la nostra vita nella verità di ciò che è, al meglio delle sue possibilità, nella sicurezza che anche in mezzo agli sconvolgimenti: "nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto", e che, per chi avrà vissuto non nel tremore della fine, ma nel timore del Signore, "sorgerà con raggi benefici il sole di giustizia".


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