La destra del Vivente è su di noi

II Domenica di Pasqua - Anno C - 2016

L'apostolo ed evangelista Giovanni,in esilio nell'isola di Patmos "a causa della parola di Dio e della testimonianza di Gesù", ha motivo per essere preoccupato e forse anche un po' impaurito: le persecuzioni previste da Gesù sono arrivate, mentre il suo preannunciato ritorno tarda a venire. 

Più preoccupati e impauriti di lui sono i suoi "fratelli e compagni" che hanno creduto all'annuncio degli apostoli, senza averlo visto, fidandosi della loro testimonianza. Al vedere "uno simile a un Figlio d'uomo, con un abito lungo fino ai piedi e cinto al petto con una fascia d'oro", l'apostolo cade ai suoi piedi "come morto". Egli non ci rivela il perché di questa reazione così forte, ma il gesto rassicurante della destra posata su di lui, e le parole: "Non temere! Io sono il Primo e l'Ultimo, e il Vivente. Ero morto, ma ora vivo per sempre e ho le chiavi della morte e degli inferi", ci autorizzano a interpretarlo come un'accorata richiesta di aiuto.

L'apostolo Giovanni è "fratello e compagno nella tribolazione" anche di noi, cristiani di oggi. In tanti paesi del mondo, quelli nei quali siamo mandati a portare il vangelo, i cristiani sono perseguitati, massacrati, costretti a fuggire come e più di quanto accadeva nelle persecuzioni di Nerone. In altri paesi, quelli che noi consideravamo evangelizzati, i cristiani non sono combattuti con le bombe e le torture, ma con l'indifferenza e l'insignificanza, che possono far anche più male, perché, non facendo rumore, rischiano di diventare micidiali senza che ce se ne renda conto.

In questo contesto potremmo rassegnarci a una Chiesa impaurita, triste, ripiegata sulle proprie difficoltà, quasi in dissoluzione. Se cedessimo a questa tentazione, metteremmo in dubbio, come Tommaso, la risurrezione di Gesù, cioè il fondamento della nostra fede. Non può essere così! Il Risorto rassicura con la sua destra anche noi, e la sua voce, "potente come tromba" ci ricorda che, nonostante le apparenze, egli è "il Primo e l'Ultimo, e il Vivente".

"Scrivi dunque le cose che hai visto, quelle presenti e quelle che devono accadere in seguito", dice il Vivente a Giovanni. Egli scrive e con l' Apocalisse (togliere il velo) mostra ciò chi si verifica sotto l'apparenza: "Babilonia la grande, quella che ha fatto bere a tutte le nazioni il vino della sua sfrenata prostituzione, è caduta" (Cfr. Ap 14,18). E' caduta e cade sempre, soprattutto quando crede di essere vincente.

Via, dunque, ogni pessimismo e ogni lamento.

Via i "cristiani pipistrelli – come li chiama papa Francesco – quelli che preferiscono la tristezza e non la gioia". Oggi – dice ancora papa Francesco - servono cristiani "capaci di scommettere su grandi ideali, su cose grandi", testimoniando che "non siamo stati scelti dal Signore per cosine piccole ma per cose grandi", perché, se i motivi della "tribolazione" sono tanti, sono di più quelli della "perseveranza in Gesù".

Questa domenica, ottava di Pasqua, già domenica in Albis depositis (perché i battezzati deponevano la veste bianca del rito per vestire la fede con i panni del quotidiano) diventata, per volontà di Giovanni Paolo II, "dell'Amore Misericordioso", nell'Anno Santo della Misericordia deve ricordarci più che mai che il Vivente è misericordioso verso i nostri dubbi, come lo è stato con Tommaso, rimproverato benevolmente, ma confortato con una apparizione tutta per lui. Noi, però, come l'apostolo, dobbiamo essere pronti a lasciare velocemente il dubbio per passare come lui allo slancio della fede: «Mio Signore e mio Dio!».

La Chiesa è sempre viva come quella di Gerusalemme, non si lascia impressionare da coloro che non osano "associarsi", o che la combattono, sicura che "il Primo e l'Ultimo, e il Vivente" ha sconfitto Babilonia.


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