Non rimpianto del passato, ma stupore del “modello Nazaret”.
C’è la Santa Famiglia come appare nei quadri e quella che viene raccontata dal Vangelo. La prima è poetica e dolce: un idillio (il tondo Doni di Michelangelo, il Riposo durante la fuga in Egitto del Caravaggio...). La seconda è concreta, faticosa, tribolata: una conquista, un impegno.
Dobbiamo fare molta attenzione a non scambiare la poesia dei quadri con la durezza della realtà.
C’è questo rischio? Sì, e molto forte. Oggi l’istituzione “famiglia” è in fortissima e velocissima crisi. Vedi anche i matrimoni celebrati in Chiesa, che si separano dopo pochi anni e anche dopo pochi mesi. A questa situazione non serve rispondere con la deprecazione delle cause (permissivismo, edonismo, lavoro delle donne, politica …) tutte vere, oppure con il rimpianto nostalgico della famiglia di una volta. Ambedue gli atteggiamenti non hanno niente a che vedere con la Santa Famiglia di Nazaret.
Niente poesia, niente palme che si piegano, niente fontane che scaturiscono dalla sabbia, niente uccellini di creta che volano, ma oculatezza nel capire la realtà, capacità di decisioni adeguate, coraggio nell’affrontarle, solidarietà nel viverle. Il tutto fondato sulla prontezza e sulla disponibilità ad ascoltare l’angelo del Signore, cioè motivazioni di fede che vanno al di là di quelle puramente umane. Perché la famiglia sia “santa” è necessario che gli uomini e le donne che la formano siano come Maria e Giuseppe: pronti a dire sì a Dio, e capaci di vivere quel sì, impegnando tutte le loro risorse umane.
L’apostolo Paolo indica i sentieri: «Rivestitevi di sentimenti di tenerezza, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di magnanimità, sopportandovi a vicenda e perdonandovi gli uni gli altri, se qualcuno avesse di che lamentarsi nei riguardi di un altro. Come il Signore vi ha perdonato, così fate anche voi. Ma sopra tutte queste cose rivestitevi della carità, che le unisce in modo perfetto. E la pace di Cristo regni nei vostri cuori, perché ad essa siete stati chiamati in un solo corpo. E rendete grazie!». Papa Francesco le ha sintetizzate in tre parole con le quali vivere il giorno e chiudere ogni sera: Grazie! Prego! Scusa!
Nel travaglio e nello scombussolamento delle famiglie, anche quelle propagandate per moderne, con figli che non sanno più di chi sono, e che sono eroi se non finiscono ad andare in giro con il coltello, il compito delle famiglie faticosamente e coraggiosamente “modello Nazaret” è quello di testimoniare lo stupore, il messaggio, la gioia del Natale, anche impegnandosi a stimolare nella società un’attenzione più forte ai problemi concreti che la vita di oggi pone alla famiglia, per far sì che a questi problemi vengano trovate soluzioni adeguate.