Dio ha tutto e non chiede niente per sé.
«Accresci in noi la fede», chiedono gli apostoli a Gesù.
Per comprendere il motivo di una richiesta così precisa e decisa è necessario conoscere il versetto precedente il testo che viene proposto: «Se il tuo fratello commetterà una colpa, rimproveralo; ma se si pentirà, perdonagli. E se commetterà una colpa sette volte al giorno contro di te e sette volte ritornerà a te dicendo: “Sono pentito”, tu gli perdonerai». Questa esortazione, che segue tutti i contenuti più impegnativi della proposta evangelica proclamati nelle domeniche di questa estate - la necessità di una scelta decisa (Chi ama il padre e la madre più di me…), il farsi prossimo (il samaritano), la vita attiva ma non affannata (Marta e Maria), la misericordia e il perdono di Dio (il padre misericordioso), il perdonare sempre (il servo perdonato che non perdona), la ricchezza dono da condividere (il ricco stolto, il fattore disonesto, il riccone spensierato) - spaventa i Dodici che chiedono aiuto.
La risposta di Gesù, come sempre, è spiazzante. Si sarebbero aspettati un “rinforzo” invece si sentono praticamente dire che di fede ne hanno troppa, perché, se fosse vera, ne basterebbe «quanto un granello di senape» per dire a un grande albero: «Sràdicati e vai a piantarti nel mare», ed esso obbedirebbe.
La fede è troppa se sembra fede, ma non lo è perché, senza il granello di senape, si riduce a una quantità più o meno grande di preghiere, di pratiche, di elemosine, di digiuni…
Ma cosa è questo granello di senape? È confessare: «Tu sei il mio Dio», perciò vivere tutto secondo la sua volontà, superando l’istinto di chiedere di fare la nostra (“fammi”, “dammi”, “ascolta”, “concedimi…”), sentendolo vicino e ringraziandolo soltanto quando i suoi progetti si combinano con i nostri; e lamentandoci e recriminando quando divergono.
Con il “granello si senape”, invece, Dio è padre buono anche quando questa bontà non la sentiamo e non la vediamo; Gesù è fratello anche quando non sentiamo i suoi passi accanto ai nostri; lo Spirito Santo è luce che fa comprendere le “scritture” e fuoco che fa ardere il cuore.
Il “granello di senape” non garantisce da cadute, stanchezze, dubbi, rinnegamenti, però riconduce ogni volta al «tu sei il mio Dio» e al chiedergli misericordia, perdono e la forza per riprendere il cammino.
Questo vuol dire Gesù con la breve parabola del servo che non può aspettarsi di trovare la tavola pronta «quando rientra dal campo», bensì la richiesta del padrone: «Prepara da mangiare, stríngiti le vesti ai fianchi e sérvimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu». Paragonare Dio a un padrone che si fa servire lascia perplessi, ma è un’immagine provocatoria del granello di fede: Dio è Dio, e perciò tutto il resto a partire da qui.
La conclusione di Gesù a commento della parabola, espressa in forma di domanda retorica, non addolcisce il messaggio, anzi ne afforza la durezza: il padrone «avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti?». La risposta giusta ovviamente è no. Non bastasse, arriva una conclusione che – inutile negarlo – sa di amaro, quasi di ingiusto: «Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”».
Come è possibile che le nostre preghiere, le nostre celebrazioni, le nostre opere buone non ci acquistino qualche credito? Possono davvero queste parole così dure di Gesù essere “Vangelo”, “buona notizia”? Sì, lo sono perché il nostro padrone non è un autoritario senza scrupoli che sfrutta i servi per i suoi scopi e i suoi guadagni, ma è Dio, un Padre misericordioso che non chiede ai figli niente per sé, ma per il loro bene. Lui ha già tutto; ciò che gli manca, se non glielo diamo, è il "granello di senape": cioè la nostra libera scelta di affidarci totalmente a lui. Noi non possiamo aggiungere nulla alla sua gloria e alla sua felicità. Perché dunque dovrebbe ringraziarci? Siamo noi a doverlo fare. Uniamoci, quindi agli apostoli per chiedergli: «Accresci la nostra fede!», anzi per implorarlo: “Donaci la fede!”.