La fede è un segno "più"

XXXIII Domenica del Tempo Ordinario - Anno A - 2020

La vita è un dono da trafficare e da impreziosire di opere buone.

Anche questa domenica ci provoca e ci stimola con un'altra parabola, una delle più conosciute e commentate, ma non sempre in modo approfondito: quella dei talenti, che non erano monete, ma lingotti di argento di grande valore, per cui anche uno soltanto costituiva una risorsa economica enorme. Molto spesso i talenti che l'uomo «in partenza per un viaggio consegna ai tre servi» vengono interpretati come qualità e capacità. Se così fosse, sarebbe difficile non esprimere un giudizio negativo sull'imparzialità del padrone. Infatti, perché non dare a tutti e tre la stessa somma, svantaggiando decisamente quello che ne ha avuto uno solo, e che forse per questa ingiustizia ha preferito semplicemente conservalo per la riconsegna? Sempre tenendo conto che la parabola non è un racconto nel quale i particolari narrativi devono essere verosimili, quei talenti sono le occasioni che la vita ci offre, le responsabilità che siamo chiamati ad assumerci affinché sia operosa e positiva. Perciò i talenti consegnati in quantità diversa, "secondo le capacità di ciascuno" non sono un'ingiustizia, ma un segno di rispetto, dal momento che ai tre servi è chiesto quello che possono produrre senza forzature. Il terzo non doveva gareggiare con gli altri due, ma compiere soltanto quello di cui era capace. Invece non provò nemmeno a trafficarlo: «andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone».

Ed eccoci alla regolazione dei conti. Il padrone apparentemente sembra severissimo. In realtà è magnanimo e generoso, come risulta dalla ricompensa ai primi due: «ti darò potere su molto», e soprattutto dall'invito: «prendi parte alla gioia del tuo padrone», che è praticamente un passaggio da servo ad amico e familiare. Terribile invece la sorte del terzo: niente potere e soprattutto niente partecipazione alla gioia, ma: «gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti». Il perché di questa condanna terribile è che, non utilizzando responsabilità e occasioni, la vita che non gli è servita gli viene tolta.

Il messaggio della parabola è chiaro: la vita è un dono da non nascondere nella "buca" della pigrizia, del nonsenso, dell'inconcludenza, del bighellonaggio, della futilità... ma da riconsegnare al Signore trafficata e impreziosita di opere buone. Questo messaggio dà una grande carica di serenità e di energia.
Di serenità: la vita non ci è data per finire "nelle tenebre, nel pianto e nello stridore dei denti", ma nella "gioia del Signore". Perciò non lasciamoci vincere mai dalla tristezza e dall'angoscia.
Di energia: il Signore affida alla nostra responsabilità l'esito dei nostri giorni. Perciò mai ricorrere alla "buca" nel terreno.

Purtroppo è molto diffusa la convinzione che la fede cristiana nella vita eterna tolga valore e gioia quella terrena, caricata di rinunce e privazioni. Niente di più sbagliato: i talenti vanno trafficati. La vita eterna non la troveremo tra le nuvole. Va costruita giorno per giorno impiegando e raddoppiando i talenti. E stiamo bene attenti a non considerare che la vita operosa che il Signore chiede sia la pratica religiosa: più sante Messe, più preghiere, più elemosine. È la vita reale, quella suggerita magnificamente nella prima lettura dalla donna perfetta che non spreca nulla delle sue energie e del suo tempo: «Si alza quando è ancora notte, distribuisce il cibo alla sua famiglia e dà ordini alle sue domestiche. Pensa a un campo e lo acquista e con il frutto delle sue mani pianta una vigna. Si cinge forte i fianchi e rafforza le sue braccia».

"Ma cosa dobbiamo fare più di quello che facciamo?" Per risponderci con verità guardiamo quanti talenti sono sotterrati, inutilizzati, sprecati: grettezza, egoismo, cattiveria, volgarità, tempo perso dietro a cose inutili e sciocche, superficialità, arrivismo, ingiustizia, falsità, bruttezza... Questo "spreco" è tutto opera degli altri, di quelli che «sono nelle tenebre» perché non credono che il padrone ritorni a "regolare i conti" oppure interessa anche noi che «siamo nella luce», ma a sprazzi e a corrente alternata? Meditiamo gente!


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