«Il regno dei cieli», nella accezione immediata, è la casa di Dio dove coloro che hanno creduto in lui continueranno a vivere per sempre; dove, se Dio vorrà, arriveremo anche noi. Quindi lontana dalle nostre strade polverose. Per Gesù non è così. Nell’enunciare le Beatitudini si riferisce sempre a una casa già presente, già abitata da uomini e donne dei quali si conoscono le credenziali: poveri in spirito, quelli che sono nel pianto, miti, quelli che hanno fame e sete della giustizia, misericordiosi, puri di cuore, operatori di pace, perseguitati per la giustizia. A chi chiede per sapere dove sia o dove la si debba cercare, la sua risposta non lascia dubbi: «il regno di Dio è in mezzo a voi!» (Lc 17,21).
Il regno di Dio, il regno dei cieli, è in mezzo a noi in Gesù che l’ha portato sulla terra, rivelando e testimoniando le sue regole, le sue scelte, le sue strategie. Come incontrarlo, dove trovarlo, come abitarlo, ce l’ho ha indicato con le “parabole del regno” che la liturgia ci sta proponendo in queste domeniche.

Controcorrente

Com’è nel suo stile, il Vangelo non ce ne parla con ragionamenti convincenti che non lasciano spazio a interpretazioni e riflessioni personali, ma per immagini: il poco spazio di terreno buono con una resa inaspettata; Il piccolissimo granello di senape, che diventa rifugio per gli uccelli; la manciata di lievito che fermenta una grande massa; il campo di grano infestato dall’erbaccia. Una caratteristica che le unisce e le accomuna: ciò che è piccolo, senza apparenza, senza clamore, senza potere, e perciò facile a passare inosservato, messo da parte e trascurato, si rivela un campo dove è nascosto un tesoro talmente importante da vendere tutto quanto si ha per acquistarlo; e una perla tanto preziosa da rinunciare a tutte le altre per venirne in possesso. È l’esatto contrario della logica umana per la quale un campo che nasconde un tesoro andrebbe aggiunto a quelli già posseduti e un perla preziosa aggiungerebbe valore a un gruzzolo già ben rifornito.
Ed ecco che la parola di Dio, più tagliente di ogni spada a doppio taglio, penetra dentro di noi per discernere i sentimenti e i pensieri del cuore (Cfr. Eb 4, 12), come il dono concesso dal Signore a Salomone.

Cosa abbiamo trovato e venduto con gioia?

A noi che da sempre pratichiamo la Chiesa, potrebbe sembrare superfluo chiederci se abbiamo mai trovato un campo con un tesoro nascosto così prezioso da convincerci a vendere, pieni di gioia, tutti i nostri averi per comperarlo. Anzi, la domanda ci sembrerà tanto strana da sembrare senza senso e non meritevole di risposta. Infatti noi ci siamo trovati dentro la fede, cioè il “campo con il tesoro”, senza il bisogno di vendere niente. Se non abbiamo venduto niente perché nel campo della fede non abbiamo trovato nessun tesoro, la nostra fede potrebbe essere senza valore e senza efficacia. Chissà quante volte abbiamo trovato (e troviamo) tesori che potevano convincerci a vendere tutti gli altri, invece ce li siamo tenuti, pregando Dio, la Madonna e i santi di non farceli perdere. Quali campi e quali tesori? Per esempio l’attaccamento alle nostre convinzioni e ai nostri punti di vista o il perbenismo che ci fa sentire apposto anche senza allungare la mano per tirare su il fratello dalle sue difficoltà (papa Francesco). Siamo andati (e andiamo) mai in cerca di perle preziose, oppure rimaniamo tranquilli e soddisfatti con quelle già in nostro possesso?

Zizzania e pesci cattivi

Le parabole del Regno molto belle, perfino poetiche, hanno un particolare che le fa scendere a terra, dentro la nostra vita concreta: la zizzania gettata nel fuoco e i pesci cattivi buttati via. C’è un giudizio. Scegliere la logica del regno dei cieli o quella del mondo non è indifferente, ma determinante. Una fede che fa abitare il regno dei cieli è quella che vive coniugando continuamente i verbi indicati dal Signore: cercare, trovare, vendere, comprare, in qualunque situazione e a qualsiasi età.