La prova che Dio ci chiede, in questa seconda domenica di Quaresima, non è quella di sacrificargli la vita e ciò che abbiamo di più caro, ma di compiere le nostre scelte fidandoci della sua parola... anche quando sembra contraria alla nostra gioia.
“In quei giorni, Dio mise alla prova Abramo: «Prendi tuo figlio, il tuo unigenito che ami, Isacco, va’ nel territorio di Mòria e offrilo in olocausto su di un monte che io ti indicherò»". Siamo sinceri! Questo episodio fa venire i brividi semplicemente ad ascoltarlo. Però della parola di Dio non possiamo accettare soltanto i brani di nostro gradimento. Lo si può rendere più sopportabile ricordando che, in quel tempo e in quella regione del mondo, il sacrificio del primogenito era usuale, quindi la prova del patriarca consiste non in una pratica che tutti seguivano, ma nel fatto di sacrificare proprio quel figlio che gli era stato dato da Dio dopo anni di promesse. Possiamo anche ricordare che i libri del Vecchio Testamento attribuiscono direttamente a Dio anche ciò che era mentalità umana e del tempo (per esesmpio lo sterminio dei nemici), nonché lo svolgimento dei fenomeni naturali. Però questi chiarimenti non ci sollevano granché. Ci aiuta invece il comprendere che Dio, per Abramo come per noi, allora come oggi, non ci mette alla prova mandandoci malattie e disgrazie da sopportare, ma chiedendoci di affrontare tutto ciò che la vita ci presenta, fidandoci di lui, capaci di credere che in ciò che accade, anche quando sembra il contrario, si manifesta il suo amore.
Abramo, contro ogni apparenza, ha creduto che la promessa di una discendenza numerosa come le stelle del cielo si sarebbe realizzata, anche sacrificando l’unico figlio. È questa capacità che la fede chiede a noi in situazioni non meno gravi di quelle di Abramo (il figlio unico che muore in un incidente, la sposa che perde lo sposo pochi giorni dopo il matrimonio, il marito a cui muore la moglie dopo il parto del primo figlio, la malattia grave appena arrivata la pensione…), come nelle scelte ordinarie della vita quotidiana (il tempo, i soldi, il perdono, la solidarietà, la pace…). Abramo, disposto ad obbedire a Dio anche a costo di sacrificare il figlio da tanto tempo promesso e finalmente ottenuto, ci ricorda che la fede non accetta percentuali né di quantità né di tempo. O è fiducia al cento per cento, e sempre, oppure non è. Non si può perdonare settanta volte sei, o sei e mezzo; né in Quaresima sì e d’estate no.
È questa la fede che Dio ha chiesto ad Abramo, e che chiede a noi. Ed è questa la fede che Gesù ha chiesto ai suoi discepoli (Mt 16,24: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua»), e che chiede a noi.
“E chi ce la fa?”. È alla portata di tutti. Noi, infatti, ce l’abbiamo fatta quando abbiamo continuato ad avere fede nel Signore anche se le cose sono andate al contrario di quello che pensavamo, desideravamo, chiedevamo. È alla portata di tutti, perché il Signore aiuta a realizzare ciò che chiede, ed è paziente nell’ottenerlo. Tante volte Dio ha fatto coraggio ad Abramo, in difficoltà nell’attendere la promessa che tardava. Così come ha fatto e fa Gesù. Ha portato con sé sull'"alto monte” Pietro, che sei giorni prima aveva sconsigliato a Gesù di andare a Gerusalemme per evitare di essere ucciso, rimediando il deciso rimprovero di Gesù: «Va' dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!» (Mt 16,23), e Giacomo e Giovanni, che mentre annunciava la sua passione si preoccupavano di ottenere, con la raccomandazione della madre, i primi posti nell’eventuale regno (Mt 20,7-21). Cioè quelli che avevano più bisogno di accettare la sua strada.
La Quaresima ci aiuti a rendere più robusta la nostra fiducia sicuri che, nei momenti in cui la vita “mette alla prova” la nostra fede, chiedendoci di sacrificare "il nostro Isacco - ciò a cui teniamo di più", anche per noi ci sarà “un ariete impigliato con le corna in un cespuglio”. E anche per noi ci sarà sempre un "alto monte" dove poter ascoltare una voce che ci rassicura: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!», quando seguire Gesù a Gerusalemme, dove ci aspettano fastidiosi e a volte minacciosi "scribi, farisei e capi del popolo", ci sembrerà superiore alle nostre forze.