I grandi eventi possono stimolare ma anche fuorviare.
Le vicende della morte di papa Francesco e quelle dell’elezione di Leone XIV, che hanno avuto un rilievo enorme nei media di tutti i paesi del mondo, hanno dimostrato che, anche nei più refrattari ai valori spirituali, l’interesse per la religione, spesso considerato superato, in realtà si agita come sempre e da sempre nel cuore degli uomini e delle donne, sotto i più rumorosi e invadenti interessi materiali. Fa riflettere vedere i potenti del mondo che possono, determinarne le sorti, inchinarsi davanti a un uomo che, tolte poche guardie vestite in maniera artistica e curiosa, può fare affidamento soltanto sulla parola e sulla preghiera.
Questo interesse, che potrebbe essere il segnale di una ripresa della fede, è sicuramente positivo, però come tutte le cose di questo mondo, nasconde un rischio: accentuare l’identificazione della fede con eventi esteriori che, invece di stimolarla e ravvivarla, la svuotano di significato.
Piazza San Pietro stracolma di folla; i cardinali rincorsi e pressati come campioni o cantanti famosi; manovre dei vigili del fuoco per installare il camino per il fumo bianco o nero, i rintocchi solenni del campanone, la fumata bianca e l’uscita del nuovo papa sulla loggia delle benedizioni… sono affascinanti e belli da vedere, ma spiritualmente significherebbero zero in chi non cercasse di essere una pecora di Gesù, cioè di ascoltare la sua voce, di conoscerlo, di farsi conoscere e di seguirlo.
Il passaggio dalla grandiosità delle vicende di questi giorni alle pecore è brusco, scioccante, quasi irritante, perché le pecore, che già di per sé non sono creature particolarmente attraenti e sveglie, oggi non sono più come al tempo di Gesù una preziosa e fondamentale risorsa di vita e di benessere; e perché mostrano drasticamente la differenza tra vedere eventi belli e spendenti e l’impegnarsi a vivere quelli umili della quotidianità.
Dice Gesù: «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono». Quante delle migliaia di persone – a cominciare ovviamente da noi – che in questi giorni hanno seguito, o in presenza o in video ciò che accadeva a Roma possono per questo essere “pecore conosciute” da Gesù, sapendo che conoscere nel linguaggio biblico non significa sapere nome, cognome, indirizzo e professione, ma avere profonda e intima comunione di vita? Quanto calerebbe il numero?
Se bastasse “vedere” per entrare in questo rapporto intimo con Gesù, si realizzerebbe qui in terra, magari in una supermega piazza San Pietro e dintorni con «la moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua», e invece sarà realizzata in cielo, «davanti al trono e all’Agnello», da coloro che gli sono stati fedeli anche nei momenti di «grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide col sangue dell’Agnello». Cioè da coloro che come Paolo e Barnaba in Antiochia di Pisidia vivono e annunciano il Vangelo pieni di gioia anche se perseguitati e cacciati.
Tornando agli avvenimenti di questi giorni, per tanti aspetti grandiosi e storici (papa Francesco che con un filo di voce dà la benedizione Urbi et orbi e che con l’ultimo rimasuglio di energia gira tra la folla sulla sedia a rotelle; il tu per tu tra Trump e Zelensky, il percorso della salma in Papamobile per le strade di Roma; poi la folla che si prepara per attendere la fumata bianca e il nuovo Papa, Leone XIV…) possono dare uno scossone a coloro che si rassegnano all’idea che “essere pecore di Gesù”, cioè credenti, sia ormai una questione per persone di avanzata vecchiaia, non più nemmeno per donne e bambini, come dicevano gli anticlericali di un tempo.
Questa sensazione va fortemente combattuta perché è da pecore del gregge non da quelle di Gesù. Papa Francesco nel messaggio per la 62a Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, che viene celebrata in questa domenica, con il titolo: Pellegrini di speranza: il dono della vita, esorta: «Il mondo ha bisogno di giovani che siano pellegrini di speranza, coraggiosi nel dedicare la propria vita a Cristo, pieni di gioia per il fatto stesso di essere suoi discepoli-missionari». Giovani non soltanto di età ma di cuore! Facciamo diventare uno scossone a questo scopo gli avvenimenti straordinari che abbiamo vissuto.