La fede non si arrende al dubbio e alla paura

II Domenica di Pasqua - O della Divina Misericordia - Anno C - 2019

La celebrazione della Pasqua diventa vita se stimola una fede coraggiosa e concreta.

La domenica dell'ottava di Pasqua, chiamata anche in albis, perché anticamente i battezzati della notte di Pasqua deponevano la veste bianca indossata durante la celebrazione, e dedicata alla Divina Misericordia per volontà di Giovanni Paolo II, su indicazione della mistica polacca Faustina Kowalska, stimola a una fede "pasquale", sia personale che comunitaria, che non si arrenda ai dubbi e alle paure.

Ecco Tommaso, l'apostolo dubbioso nel quale è spontaneo identificarci. "Se non vedo e non tocco, non credo". Quante volte anche noi pensiamo così, nei momenti del dubbio, quanto vorremmo vedere i segni dei chiodi e mettere il dito nelle ferite, cioè avere prove concrete per credere. "Allora sì che la mia fede diventerebbe forte e sicura!". Illusione! Senza il dubbio, la fede non sarebbe più tale, ma matematica, o scienza, o qualcos'altro. Certo il dubbio ci mette in difficoltà. Gesù lo sa. Infatti pur rimproverando bonariamente l'apostolo, e lodando coloro che hanno la capacità di credere senza vedere e toccare, ha accondisceso alla richiesta di farsi vedere e toccare.

"A noi, però, non mostra le sue ferite come a Tommaso".
Il Signore che "non fa preferenze di persone" ed è "misericordioso" verso tutti non può non mostrarle anche a noi. Ma dobbiamo chiederle come Tommaso, saperle individuare nelle persone e nei fatti della vita, avere lo stesso slancio dell'apostolo nel passare dal dubbio al: «Mio Signore e mio Dio!». E via così fino al prossimo dubbio, alla prossima incertezza, alla prossima crisi, scendendo e risalendo, dalla morte alla vita, dal buio alla luce, dal dubbio alla certezza. Questo è vivere la Pasqua.

Ecco Giovanni. L'apostolo è in esilio nell'isola di Patmos, «nella tribolazione, a causa della parola di Dio e della testimonianza di Gesù». Una voce potente, come di tromba, gli risuona alle spalle. L'apostolo si gira e vede un'immagine talmente bella e sfolgorante da farlo cadere stordito come morto. Gesù, posando su di lui la destra, lo rassicura: «Non temere! Io sono il Primo e l'Ultimo, e il Vivente. Ero morto, ma ora vivo per sempre e ho le chiavi della morte e degli inferi. Scrivi dunque le cose che hai visto, quelle presenti e quelle che devono accadere in seguito». E Giovanni scriverà l'Apocalisse, il libro che toglie il velo dagli occhi, mostrando che al di sotto delle apparenze alla fine è il bene a vincere sul male.
La mano del Risorto che dà coraggio all'apostolo c'è sempre anche per noi. Per sentirla non dobbiamo evitare la "tribolazione": l'esilio che la fede comporta, vivendo nel "mondo" dove "il Primo, l'Ultimo e il Vivente" è semplicemente l'ultimo pensiero, o assente del tutto.

Ed ecco la Chiesa di Gerusalemme. Il racconto degli Atti degli Apostoli non è un ritaglio di storia, ma un messaggio che proclama che ogni comunità cristiana deve essere come quella: coraggiosa, umile, fiduciosa, ricca di «molti segni e prodigi». Soltanto così vengono «aggiunti credenti al Signore». Sappiamo che anche in quella Chiesa le difficoltà non mancavano, a cominciare da «quelli che non osavano associarsi», cioè i capi del popolo, che presto sarebbero diventati nemici dichiarati. I credenti, però, non si lasciavano intimidire, non si lamentavano di quelli che la pensavano e vivevano diversamente. Proponevano con limpidezza la loro testimonianza, e «il popolo li esaltava».

"Certo, diciamo noi, con Pietro che guariva i malati soltanto con la sua ombra, e i segni e i prodigi che avvenivano per opera degli apostoli... Ma oggi chi li fa i segni e i prodigi?".
I segni e i prodigi dobbiamo farli noi, perché, se non rientra nelle nostre possibilità fare udire i sordi, dare la vista ai ciechi, e raddrizzare le gambe agli storpi, con una fede nel Risorto che non si lascia spaventare dai dubbi e dalle paure, e con una testimonianza limpida del suo messaggio, possiamo fare udire parole che non si ascoltano più o troppo poco, far vedere gesti che non si vedono più o troppo poco, far percorrere sentieri che non si percorrono più o troppo poco. E questi "segni e prodigi" sono alla nostra portata.


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